Il fatto – non quotidiano, ma una tantum – è questo: Giovanni Favia, esponente di spicco del Movimento 5 Stelle, in un fuori onda su La 7, si lascia andare a commenti un po’ cinici sul Movimento stesso e soprattutto su Grillo e Casaleggio, come un po’ tutti hanno già visto in questo video.
Per il sindaco di Parma, Federico Pizzarotti, la soluzione per chiarire finalmente la questione, portata in primo piano dall’episodio, è un congresso nazionale.
Un congresso? Una roba da partiti. Va a finire che gli tocca ammetterlo, di essere un partito.
Comunque, proseguiamo: Favia non ritratta, e si dichiara pronto a dimettersi ma non a rimangiarsi quello che ha detto, tirando nuovamente in ballo l’ormai dimenticata espulsione di Valentino Tavolazzi. La replica di Gianroberto Casaleggio appare insufficiente, incompleta, una svicolata scritta in fretta e furia.
Ecco, io questa storia del partito che però non è un partito, ma un movimento, e che anzi ce l’ha coi vecchi partiti, che è una cosa diversa, né PD né PDL, vicina alla gente (ma nei limiti: indignatevi quanto volete, poi decidiamo noi), il cui portavoce sbraita accusando gli avversari di insultarlo (fulgido esempio del detto pisano “avé più coraggio che polmoni”) e di perseguitarlo, l’ho già sentita.
Cambia solo il tono: al posto di quello mellifluo del cavaliere, ve n’è uno che ricorda quello indisponente e becero di Borghezio.
Ci sarà tempo e modo – ché una Caccola è troppo breve – per prendere in esame e a tratti sbeffeggiare le alternative politiche a Grillo, che comunque continuo a considerare meno pericolose di uno che basa i suoi consensi sul fatto che l’italiano medio è più propenso a usare, anziché la sua testa, il pulsante condividi di Facebook.
[M.V.]