Polverini, perché?

Renata Polverini si è dimessa.

E grazie al cazzo!

Iniziammo con un dimissionario, ora la storia si ripete, ma peggio.

Al di là dell’italiano versione “vicini alla genta”, ci si aspettava qualcosa di più di un “non lo sapevo”. Accertato che ormai l’incompetenza sia spacciata e recepita come un mezzo merito, la totale ignoranza comincia ad essere un tantino oltre i limiti di tolleranza per un gestore della cosa pubblica. E il banale “mi dimetto io ma sono loro a fare schifo. Che poi saremmo sempre noi, però è un noi che è più loro”, davvero concede a questa “seconda repubblica” un sapore più da Repubblica 0.5.
In effetti quando mai è stato un problema mancare di un pizzico di coerenza rispetto ai temi importanti?


Allora perché questo gesto di grande responsabilità da parte di un rappresentante dell’amministrazione locale? Non sembra trattarsi di un esemplare di notevoli principi (“vergognoso che debba dimettermi senza aver ricevuto un certificato di garanzia” nemmeno uno piccolo così), o meglio non di quelli che ti fanno dimettere. Evidentemente dunque la spinta è venuta dall’esterno. Non certo dall’opinione pubblica, che se non si scompone per meno di un rigore negato, quindi da dove?

La chiave di lettura per comprendere le dimissioni della Polverini sta nella lettura del suo curriculum:

Gonfiaggio di rappresentanza sindacale
– Abitazione in casa popolare “di lusso”
– Sotto istruttoria della corte dei conti per finanziamenti di milioni di euro “poco chiari“.

Decisamente troppo poco per rimanere sulla “barca che non affonda mai”. Giù dalla barca e si naviga a vista, il prossimo che si fa beccare a babordo va giù.

[D.C.]

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