Femminismo dell’ultima ora, l’ultima ora del femminismo

“Non c’è bisogno di essere femministe.”

e grazie al cazzo!

Ed eccolo lì che una volta che Carla Bruni, la donna che ha dovuto lasciare l’Italia per la spaventosa concorrenza politico-intellettuale di Flavia Vento, dice una cosa più intelligente di “vado fiera del mio sedere, è sexy, moderno, pratico“, tutte a darle addosso, e non come avrebbero fatto tutti, proprio come fanno tutte.

Ora, premesso che per una modella che si sappia vendere un minimo decentemente, il femminismo non è altro che un ostacolo, ossia una potenziale minaccia di concorrenza sul campo da parte di omologhe meno meritevoli, nel 2012, con le quote rosa piazzate anche nei parcheggi dei centri commerciali e nonostante una sbandieratissima statistica che vede i violenti prevalere sugli indifesi, l’unico peccato di Carla è aver citato un movimento che si apprestava ad entrare nei libri di storia, a cavallo tra il giurassico e il pleonastico.

Parlava intervistata su Vogue, per giunta, dove continuava dichiarandosi “borghese”, un elegante eufemismo per “così piena di soldi da non riuscire a concepire l’idea che qualcuno o qualcosa possa rompermi le balle. O qualunque idea, in effetti”. Quindi l’intervento di un’associazione femminista francese a caso suona decisamente come “qualcuno ha detto femmina?”, in maniera abbastanza indipendente dall’interlocutore, già tutt’altro che un gioiello di dialettica.

Ho una certa predisposizione a considerare in termini non positivi i lemmi con desinenza in “ista”: casinista, populista, teppista, trappista, elettricista, animalista, maschilista, femminista… son cose che non portano mai nulla di buono, anche là dove, per condizione o natura, sembrerebbero premetterlo, tipo i teppisti.
Non che io metta in dubbio la necessità di uscire da schemi sociali e psicologici in grado di imprigionare le potenzialità di una civiltà volta al progresso, ma affermazioni come quella di Isabelle Mergault valgono un passo indietro nella scala evolutiva che l’uomo, da solo, non sarebbe stato in grado “Avremo bisogno del femminismo fino a quando un uomo che passa sul marciapiede si fermerà di propria iniziativa per aiutarti a parcheggiare”. Ora, a parte confondere i privilegi della cavalleria e della galanteria con i diritti e doveri dell’emancipazione, è questo il modo in cui un misogino come me riesce a tirare le somme del femminismo moderno: la donna che acquisisce i modi peggiori dell’uomo utilizzandoli con le intenzioni peggiori della donna.
In somma, della femmina rimangono solo le pretese e, come direbbe un caro amico, “parità dei sessi solo per quel ca**o che le pare”. Mentre la femminilità è andata a puttane.

Sì, ci sono stupri, ma non credo dipenda dalla libertà di urlare “pure io cago e posso scorreggiare meglio di voi” in piazza e in rete, senza entrare nel merito delle condizioni sociali che generano degrado comportamentale, e ci sono, come detto, statistiche notevoli sulla violenza fisica verso i fisicamente meno capaci di difendersi, pare partano addirittura dalla preistoria, e c’è ancora un sistema di gestione del potere per lo più derivante dalle antiche società patriarcali. Ma definire “indecenti” le dichiarazioni della povera Carla riguardo il femminismo è l’emblema della cecità dell'”ista” del caso, perché per molti, uomini e donne, più intelligenti o semplicemente meno ciechi, il problema non è che Carla non sia femminista, o che sia stata la moglie del premier invece che il premier lei stessa, bensì che mentre noi stiamo a sbatterci per ‘ste stronza*e, lei stia ignorando la nostra esistenza in una jacuzzi strabordante latte d’unicorno e polvere di stelle. Vita natural durante.

Ora torno in fabbrica, per guadagnare abbastanza da potermi permettere una femmina.

[D.C.]

4 risposte a "Femminismo dell’ultima ora, l’ultima ora del femminismo"

  1. Recentemente mi sono proprio imbattuto in un gruppo di femministe riunitesi per contestare il simbolo della donna stilizzata (con la gonna!) appiccicato sulle porte di alcuni gabinetti per distinguere il bagno riservato alle donne. Esso infatti “discrimina le donne che portano i pantaloni”.
    Al ché ho obiettato, ad alta voce, che anche gli uomini che portano la gonna avrebbero dovuto sentirsi discriminati dal corrispettivo simbolo dell’omino stilizzato.

    …Cacciato dalla riunione con disonore e parolacce… 🙂

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