La prima a dare la notizia delle dimissioni del Papa è stata la vaticanista ANSA.
Il presidente di Finmeccanica Orsi è stato arrestato per corruzione internazionale, peculato e concussione.
In ambo i casi:
Apparentemente trattiamo due temi diversi, ma in realtà il filo conduttore c’è, e non è solo l’ovvietà delle dichiarazioni.
Nella banalità del primo titolo, troviamo due sorprese, due elementi che non ci stupiscono ma che dovrebbero: intanto che la giornalista esperta del Vaticano e dei suoi affari comprenda il latino parlato, e poi che ci sia una giornalista pagata per occuparsi tutta la vita del Vaticano e dei suoi affari.
Voglio dire, se proprio, almeno un’inchiesta sui traffici dello IOR, le porcate della CEI… no, c’è una signora che si occupa di stare a sentire quello che racconta il capo di questa “nazione straniera” e di riportarcelo, così.
Talmente semplice che potrebbe sembrare normale. Una portavoce dei portavoce salita alla ribalta per aver riportato una voce prima dei portavoce.
Ci abituiamo a tutto, piccole assurdità di grandi temi.
Poi c’è la storia del presidente di Finmeccanica Giuseppe Orsi, un industriale, uno dei grandi manager che gestiscono i capitali del paese, la crema della nostra società, nonché guida di fatto, in grado di muovere gran quantità di denari e quindi di voti.
Be’, l’idiota si è fatto beccare a corrompere, peculare e concurre (non so nemmeno dirlo, cacchio), insieme all’amministratore delegato della Augusta Bruno Spagnolini, per la vendita di una dozzina di elicotteri all’India.
Voglio dire, una cosa che si dà per scontato, nessuno pensa che si possa fare una vendita di grande valore senza “oliare gli ingranaggi”, nessun appalto si muove senza qualche tasca piena di straforo, nessuna gara si vince senza doping, nessun concorso si vince senza le conoscenze giuste o “aggiustate”.
Quindi parte l’arresto e la reazione è “ah, vabbe’”, per chi ne ha una, di reazione. Forse “che fesso s’è fatto beccare”, per i più addentro.
Ma i soldi sono soldi, sono la filosofia del nostro secolo, movente e fine delle nostre azioni, quotidiano obiettivo.
Ci abituiamo a tutto, grandi assurdità di piccoli temi.
E’ per questo che siamo un popolo di ladri, truffatori, furbi ad ogni costo, mangiapane a tradimento e chi più ne ha più se ne tenga, perché quando una popolazione è abituata a questo, come ad altro e peggio, altro e peggio divengono uso e costume di quella popolazione. Siamo tutti un po’ Silvio e un po’ Beppe, pronti ad arraffare quanto c’è a discapito di chiunque e contemporaneamente a scagliarci contro chi arraffa in maniera diversa dalla nostra, o come la nostra ma contro di noi, o arraffa meglio.
Ci apprestiamo al voto, una nuova occasione per dimostrare la nostra natura, un voto che sinceramente attendo senza speranza, perché che siamo più Silvio o più Beppe, siamo sempre il popolino atto all’arrangio, come scarafaggi, ma senza la loro resistenza.
[D.C.]
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