Non, non è la droga, ma non è detto che sia meglio.
Il GUP sollecita accertamenti per le responsabilità dei governi nel fallimento di Alitalia.
Ci sta, ed è grosso come un buco da 4 miliardi.
Me lo chiedo sempre, ma quanti soldi deve avere uno per farci un buco da 4 miliardi?
Che pala avrà?
Perché mi viene in mente zio Paperone?
Oppure, nella più totale banalità, semplicemente più il buco è grande più è simile al nostro. Sarà per questo che siamo tanto affezionati a personaggi come il buon Cimoli.
No, lo so cosa state pensando, adesso attaccherà il solito pippone su quanto siamo ormai abituati all’assurdo e al rubare ognuno quanto può, su come la colpa sia nostra che non controlliamo i controllori, che ci distraiamo con un paio di tette (ma anche una sola)… no. Son cose vere ma ne abbiamo già parlato.
I più tifosi si aspetteranno un paio di “vaffanculo” dalla curva Beppe, ma mi faccio bastare il mio “e grazie al cazzo!”, che a fanculo è proprio dove ‘sta furia cieca rischia concretamente di accompagnarci. Quindi no, nemmeno questo.
Mi piace invece vedere per un attimo all’opera la mente, quasi fantasiosa, per quanto insolitamente logica, che fa chiedere ad un GUP “ma sarà mica anche colpa di chi ce l’ha messo, tenuto e mantenuto?”.
Ovviamente stiamo parlando del capostipite del management italiano, uno dei più alti esempi di capacità gestionale, quel Cimoli talmente rapido ed efficace nel far fallire Trenitalia da doverne tempestivamente richiedere i fruttuosi servizi anche in Alitalia.
“Il lavoro è stato un po’ costoso ma ne è valsa la pena”, hanno dichiarato Er Mortazza e Silvietto, i primi ministri nei rispettivi casi.
Un po’ costoso, già. E non so se si riferissero più ai 4 miliardi dispersi o ai quasi 10 milioni di “buone uscite” riconosciuti al “Genio (guastatore) dei piani industriali”.
Voglio dire, glieli avessimo dati per starsene a casa, i 10 milioni, prima, almeno ci saremmo potuti tenere (o vendere) un paio di compagnie malate, rantolanti, claudicanti, stempiate, con l’alitosi e l’alopecia inguinale ma vive.
Si sa, la politica è fatta di compromessi, sarebbe stato un buon prezzo, visto da oggi.
Nulla, quando si tratta della cosa pubblica, e in particolar modo di gestire i suoi denari, sembra che la selezione avvenga come fuori dalle montagne russe: con il cartello “per salire devi essere almeno stronzo così“.
Ovviamente, di quei soldi, non tutto è perduto.
Qualcosa è pure rubato. Un mix d’essere “incapaci e capaci di tutto” che non teme rivalità: aggiotaggio, bancarotta, distrazione e dissipazione (corruzione e concussione ce le aggiungo io, un po’ come quando fate una giocata alla SNAI con un amico e quello aggiunge “dai, vittoria del Barcellona sulla Procaccolese” “metti pure over, va”.).
Tutto questo, Cimoli, non ha potuto però farlo da solo (lo so, una delusione anche per me, puntavo tanto su quel ragazzo), con lui una serie di altri alti funzionari e, se mi permettete di essere d’accordo con un GUP, quelle teste di minchia che ce l’hanno messo.
Lo so, non è detto che siano teste di minchia, magari non hanno sbagliato, magari hanno volontariamente pilotato i fallimenti di comune accordo per favorire i beneficiari di tale disastro e goderne di conseguenza.
Si tratta dell’annoso dilemma:
– Ho sbagliato perché sono scemo.
– L’ho fatto apposta perché sono stronzo.
Quale verità saranno disposti ad ammettere? Considerando che per gli scemi non vige nemmeno la penalità d’immagine, mentre per i secondi vale l’immunità solo sopra un certo livello…
Tranquilli, nessuno sarà davvero costretto a rispondere, sarà un po’ come il confronto TV di Berlusconi o come il confronto TV di Grillo, ossia si glisserà con una balla, o nemmeno quella. Con buona pace delle nostre intelligenze, delle nostre tasche e, soprattutto, delle nostre vite.
Intanto oggi, se volete trovarlo, Cimoli dirige una casa di riposo, ha ideato una sorta di cura Di Bella per l’economia, al momento, per sicurezza, i suoi vecchi non cagano più.
[D.C.]