Per un mondo senza la G di Negro.

tupperwaste

Lo so, ho saltato il mio appuntamento sacro del martedì e ho creato degli scompensi nel vostro bioritmo ma, sapete, ai miracoli non so mai come reagire e ho preferito starmene tranquilla a elaborare l’accaduto.

Ma adesso eccoci qui a parlare di un argomento che mi sta molto a cuore: la sottotrama razzista italica.

Nel mio piccolo dolce ingenuo cervello mi piace pensare che questa sia un’esclusiva prerogativa della Lega Nord, che da anni ci bombarda con i suoi proclami xenofobi e, coerentemente, idioti. Tipo questo:

E invece, grazie alla nomina di Cécile Kashetu Kyenge al Ministero dell’Integrazione, ho dovuto scontrarmi con la triste realtà. No, non quell’idiota di Borghezio, stavolta. La triste realtà, a parte l’idea riduttiva che in Italia abbiamo della Cooperazione Internazionale e dell’Integrazione (e a me che ci lavoro con ‘sta roba un po’ mi rode il culo, come alla stessa Cécile, tra l’altro), è al momento rappresentata dalla tragica intervista di Lucia Annunziata alla Ministra, nel programma “In ½ ora” (per i più autolesionisti, il link qui).

Questa intervista mi ha fatto venire voglia di raccontare alla Lucy di quella volta che sono andata in Africa e ho scoperto CON ORRORE che c’era persino l’Internet.

Incredibile, davvero, ‘sti neri c’hanno copiato proprio tutto a noi del Primo Mondo avanzato. Che uno dice “oh vado in Africa, sto un attimo in pace, là nel deserto o nella giungla. Ma’, non mi cercate tanto il telefono non esiste!” e invece niente, non ci sono più certezze manco tra i sottosviluppati.

Questi neri vengono qui e ci rubano il lavoro e le tecnologie e poi tornano in Africa e la civilizzano. VERGOGNA!!!

Com’è possibile che siano diventati evoluti come noi in Africa? Come hanno fatto? Perché devono distruggere secoli di certezze razziste con questa idea malsana dello sviluppo?

Quando c’era lui si stava meglio, ha ragione Povia.

Ma io posso capire: è sempre stravolgente vedere un nero senza le mosche in faccia, che non cammina scalzo o suona nudo i tamburi invocando la pioggia, o che non si diletta in atti di cannibalismo come fanno in Amazzonia.

E infatti, la povera Annunziata, per tutto il tempo dell’intervista, a parte dimenticarsi di non condurre un programma patetico di Barbara D’Urso, sembrava davvero trasecolata da questo esemplare di nero vestito come noi, che parlava come noi (azzarderei un “meglio di noi” ma non vorrei infierire sull’abilità dialettica della Lucy), e ha iniziato a vivisezionare la Kyenge come fosse uno strano animale mitologico.

In un Paese dove la meritocrazia probabilmente rimarrà una mera parola del dizionario, e dove non si giudica una persona da quello che fa e da come si comporta, ma dal nome che ha, dalle amicizie, dai calci in culo che ha ricevuto, cosa chiede prima di tutto la nostra giornalista?

Ecco, “le più grandi domande” dell’Annunziata (non c’avrà dormito tutta notte, sicuro) non riguardano la storia politica della Kyenge, il culo che s’è fatta quando è arrivata in Italia per studiare Medicina, tutti i progetti che da anni porta avanti per sensibilizzare all’intercultura o le campagne per i diritti degli immigrati, che ne so. No, Lucia ha deciso che al suo pubblico interessava sapere quanti fratelli ha la Kyenge (“la cosa più intrigante della sua biografia” UAU), quante madri, come fa ad essere negra e contemporaneamente cattolica, addirittura battezzata!

Adesso, io non mi scandalizzo certo per questo interesse morboso pieno di folclore e pregiudizi nei confronti del “diverso”, ma da una giornalista, che dovrebbe conoscere bene il peso delle parole, mi aspetto quantomeno una cura nel linguaggio utilizzato. Bastava poco, usare i termini giusti, pensare tre secondi prima di dire una qualsiasi stronzata dando la colpa ai “nemici” che potrebbero attaccare la Kyenge, “imputandole” (ha detto proprio IMPUTARE) la sua cultura, come se nascere in Africa fosse una colpa.

Sorvolando sull’odiosissimo “di colore” con cui ha aperto il confronto, l’Annunziata ha pronunciato un più aberrante “essendo lei una persona di un nuovo mondo”. Quale sarebbe il nuovo mondo, Lucy? Cosa volevi dire? Perché se per “nuovo mondo” si intende questo mondo plurale basato sulla convivenza interculturale, in cui viviamo, allora siamo tutti persone del nuovo mondo. Ma se volevi dire altro, beh, io non ti ho capito e, considerando l’andazzo dell’intervista, non posso davvero ben sperare.

Ma concludiamo col gossip del pregiudizio e arriviamo finalmente alla succulenta notizia del matrimonio della Kyenge con un calabrese, fatto stupefacente perché, diciamolo, “ci vuole una grandissima capacità a essere nera, andare al Nord, sposarsi un calabrese che, come è noto, i calabresi sono molto del Sud”.

Dai, cazzo, Cécile, allora sei come i gay! La Biancofiore non ti ha insegnato niente?

Non siamo noi che siamo ancora degli ignoranti retrogradi, sei tu che te la cerchi la xenofobia!

[S.T.]

Ps: la chiudo qui, perché dovrei aprire un altro capitolo immenso, ma le immagini dicono più di mille parole.

Comunque c’è un lato positivo in tutta questa storia: l’amata rubrica del nostro Enrico vivrà per sempre. E grazie al cazzo (cit.)

2 risposte a "Per un mondo senza la G di Negro."

    1. Sì, è proprio il suo. Secondo me si potrebbe riflettere sul perché Magdi non sia ancora considerato un caso psichiatrico. Mi sembra patologico come i neri che votano Lega Nord.

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