Oggi non è una brutta giornata. Da un lato il papa annuncia la formazione di una commissione referente sull’operato dello IOR con un comunicato del tipo che ce se capisce nun ce se capisce, che mi lascia carico d’aspettative (LOL), dall’altro in America la Corte Suprema ha bocciato il “Defence Marriage Act” aprendo la strada ai matrimoni gay, non ho seguito molto ma io quando sento dei vescovi che dicono “giorno tragico” di solito gongolo.
Oggi non è una brutta giornata, e quindi voglio parlare di una persona che adoro: Giuseppe Povia detto Povia. Povia, oltre che un grande cantautore che qualche maligno definisce un po’ insipiente, è un troll di prim’ordine, io lo considero un maestro di vita.
Non tanto per le perle che ci regala sulla sua pagina Facebook
che assommano tutti quei trucchetti atti a far infuriare alcuni lettori, come le storpiature ad hoc (“gombagni”), le piccole storture grammaticali o lessicali, e la reiterazione di un gioco di parole tanto scadente quanto vetusto, quanto per la sua genialità.
Povia è un genio. Il simulare abilmente questo mix di ignoranza, intolleranza e presunzione, tramite lo stile mistico-complottista, l’uso smodato del meccanismo dello “specchio riflesso”, il tono strafottente e l’atteggiamento passivo-aggressivo, sono tutti ingredienti indispensabili di trollate magistrali.
Povia è un maestro del trolling. Dev’essere così, perché in caso contrario si configurerebbe uno scenario che non voglio neanche ipotizzare, una realtà tristissima in cui un povero cantante in declino, che gioca a dire che non lo chiamano più in TV perché le sue idee sono scomode (leggi: rantoli fascisti) o rivoluzionarie (leggi: deliri imbarazzanti) e che si ostina a magnificare i suoi “tour” in giro per le campagne laziali e sperduti paesini del sud Italia, passa le sue giornate realizzando squallidi fotomontaggi latori di messaggi di volta in volta xenofobi o privi di senso, usando paint e una manciata di scatti provenienti da un unico, pacchianissimo set fotografico.
Che dire? Spero che questo post gli arrivi, e che con esso gli giunga tutta la mia stima e il mio rispetto. Spero che capisca lo scherzo e che mi risponda per le rime: che mi chiami, come fa sempre, geni(o)tale. Che mi dia del razzista e che mi rivolga parole amare con quel tono da coglione e quell’espressione da piacione ritardato che ha ammaliato tante tardone di periferia, dimostrandomi di essere davvero un genio del trolling, e non – come dicono i “gombagni” – un povero scemo.
Grazie di esistere, maestro.
[M.V.]
A lei, signore.
Ficata. Grazie a quel post abbiamo raccolto in un colpo solo, oltre alla rosicata di Povia, anche tutti quelli che lo pigliano per il culo sulla sua pagina e che ora seguono il blog. E comunque anche solo i commenti dei fan hanno fatto sì che ne valesse la pena. Che spettacolo, tutti quei cromosomi in esubero. Grazie davvero.
Tra l’altro mi è giunta la voce da parte di un musicista che l’ha conosciuto che il sig. P. non brilli particolarmente, per usare una forma cortese.
Questo non saprei dirlo. Certo è che le sue reazioni fanno il gioco dei troll: non può controllare il livello dei commenti “pro” e quindi ogni volta che mette “alla berlina” un detrattore si perde il conto dei commenti pieni di errori grammaticali, ripetizioni, offese scadenti e pernacchie loffe. Dopo mezza giornata passa tutto, il torto viene seppellito dai suoi nuovi sproloqui, e io mi ritrovo con parecchie manifestazioni di stima in più e le visite del blog quintuplicate. Per inciso, non guadagnando nulla dal blog sticazzi delle visite, noi facciamo tutto For the Lulz, le visite in esubero, che vengano da simpatizzanti o da trollati, sono solo una soddisfazione in più.