che se ci tengo altro mi arrestano”
(T. Cutugno) Oggi stiamo leggeri. Ho deciso di parlare di Sanremo, e di farlo senza averlo visto: non ce l’ho né con la Littizzetto, né con Grillo, né col suicidio farlocco, né con Fazio. Non ce l’ho col festival come istituzione, né con chi lo guarda, né con chi mi croccoglassa i coglioni facendo la telecronaca minuto per minuto su tutti i social concepiti dall’uomo, intermezzando il resoconto solo per bestemmiare che non va whatsapp.
Siamo tutti contenti per Arisa. Se non altro per il fatto di aver trovato uno stylist normodato. E perché ha vinto. Bella canzone (non è vero) e bel testo. “è quel vuoto che non sai, che poi non dici mai, che brucia nelle vene come se il mondo è contro te“
Momento momento momento momento momento momento momento momento momento momento.
Mi state dicendo che il Festivàl della Canzone Italiana è stato vinto da un brano scritto da uno (tale Anastasi) che non crede nell’esistenza del congiuntivo? Finché Jovanotti dice “facciamo i scemi” e “non c’è niente che ho bisogno” passi, è un giovane quarantsettenne e gli si perdonano certi colpi di testa. Soprassediamo anche su Celentano, che oltre a ripeterlo ossessivamente, che non ha studiato, ce lo dimostra anche in diverse occasioni (la mia preferita è “ma non vorrei che tu, a mezzanotte e tre, stai già pensando ad un’altro“). Se non ricordo male era successo anche ad Emma Marrone, di cantare una canzone grammaticalmente incerta, ma non saprei, le stavo guardando le tette.
Ma questo? Cazzo. non sei Dante, che la lingua la stai praticamente inventando e un superbo strupo in tutta la Commedia ti può pure scappare.
Non ho grandi commenti da fare, per una volta eviterò di fare il solito bastian contrario e mi limiterò a una proposta: potrebbe aver senso una piccola integrazione al nome.
Tipo così:
Festivàl della Canzone Italiana*.
* la lingua utilizzata potrebbe differire dall’originale
[M.V.]
Il guaio è che finchè sono canzoni gli strafalcioni possono anche essere interpretati come licenza poetica (vabbe’…).
Il problema è che recentemente su un importante quotidiano nazionale ho letto in un articolo di giornale “un’enfisema”. Sì, con l’apostrofo.
Molto vabbè, eh.
Ma sì, hai ragione. Come i titoli di Repubblica con “qual’è”.