“La parola d’ordine è una sola, categorica e impegnativa per tutti. Essa già trasvola ed accende i cuori dal nostro blog ai confini di Tze Tze: vincere!”
(B. Grillo)
A me il dopo-elezioni piace sempre un sacco. Non tanto nell’analisi dei risultati reali, quanto nel riconoscere i soliti, tranquillizzanti pattern di ogni schieramento politico, una piccola sicurezza che dà gioia e conforto in questo mondo così cattivo che naviga verso un futuro incerto. A meno che tu non sia un precario, un insegnante o un pensionato: in quel caso sai con certezza che vai verso un oceano di merda.
Per spendere due parole semiserie: sicuramente evidenti sia il calo del PD che il crollo di Forza Italia, a vantaggio soprattutto della Lega; il Movimento 5 Stelle, pur essendo lontano dai risultati ottenuti all’esordio e nonostante un lieve, ulteriore calo in alcune zone, resiste quasi ovunque e anzi riesce a migliorare: a livello di riepilogo nazionale diventa il secondo partito, seguito dalla Lega che supera Forza Italia.
Il PD ritorna ai fasti dei commenti bersaniani, amplificati dal calo di voti decisamente consistente: vince 5 a 2, ma reagisce come se avesse perso 7 a 0. Effettivamente però adesso hanno ragione a preoccuparsi, visto che l’elettore medio del PD non è più un elettore medio del PD.
I 5 Stelle, pur conquistando zero regioni, dicono che hanno vinto un po’ ovunque, e poi promettono di aprire le regioni come una confezione di pelati.
La sinistra o quel che ne rimane, invece, non vince mai un cazzo ma esulta comunque. Determinante per il conseguimento di questo risultato il contributo di Civati.
Il centro-destra qualunque sia il risultato reagisce sfondandosi di bamba e figa.
La Lega esulta, giustamente, e festeggia sparando dei petardi (su dei barconi) e facendo stappare a un ronda padana un cospicuo numero di rom.
La mia analisi post-voto, invece, che è una cosa di nessun interesse per nessuno, è abbastanza semplice: se prima due italiani su tre votavano o Berlusconi o Grillo, adesso tre italiani su quattro votano o Grillo o Salvini. Ancora un po’ e ci ritroveremo con cinque italiani su sei che votano Pietro Maso e Andrea Diprè: io intanto preparo le valigie.
[M.V.]
Anch’io, dopo ogni elezione, mi sottopongo alla tortura delle analisi politiche basate sul nulla, anziché, come sarebbe opportuno, sui numeri. Esempio, cercando “trionfo Zaia veneto” è possibile vedere la rappresentazione da parte della stampa del risultato della mia regione: è stato un successo clamoroso. Andando a vedere i numeri, invece, è possibile constatare che Zaia ha peso mezzo milione di voti negli ultimi 5 anni (da 1.5M a 1M), centomila voti all’anno, arrivando a una quantità di voti inferiori a quelli che prese, ad esempio, il candidato del centro sinistra nel 2005 Analogamente, cercando “disfatta Moretti” sarà possibile leggere dell’umiliazione della (ok, non simpatica) canidadata del PD, che però in percentuale ha perso tanto quanto ha perso Zaia, subendo, di fatto, gli effettti dell’astensionismo, questo sì veramente significativo…
Ma in Italia (all’estero non lo so) la politica, l’economia, gli articoli della Gazzetta sembrano tutti ispirati a 1984, dove il passato è qualcosa che si può modellare a piacere, e il presente non è un dato di fatto ma un’interpretazione di chi ha la voce più grossa…
NON FARE IL DISFATTISTA, ABBIAMO VINTO NOI
“Ha vinto lo Sport” (cit.)