Si moltiplicano in rete le polemiche per lo scarso supporto alle vittime dell’attentato in Pakistan.
Urla allo scandalo, ma nella fiera dell’ipocrisia gli sbandieratori sono i primi alfieri. Perché negare che esistano morti di serie A e morti di serie B è un’affermazione da ipocriti di serie A.
Le stesse persone che dichiarano di pretendere il medesimo rispetto per i morti belgi e quelli pakistani preferirebbero saper morire cento ignoti bambini di un anno che il proprio nonno di cento anni, tredici cuccioli piuttosto che il proprio cane di tredici anni, dieci pakistani piuttosto che il proprio pusher di pakistano.
Esistono situazioni di serie A e situazioni di serie B, meriti di serie A e meriti di serie B, persone di serie A e persone di serie B, persino super eroi di serie A e Ben Affleck. E alla morte questo non cambia.
Tutti a ricordare David Bowie, lo stesso giorno nessuno che abbia cagato la zia Adalgisa, che pure suonava il pianoforte. Il Pakistan non sappiamo nemmeno dove sia, sappiamo solo che potrebbe far parte di quella zona di mondo in cui i coglioni si ammazzano di continuo, e che ci mandano il fumo buono, ma che potremmo farlo anche qui. Ogni morto da quelle parti è un po’ come la morte di un vietcong: è normale.
Se muoiono i ragazzi di Charlie Hebdo m’intristisco, perché anche a me piace scrivere puttanate che fanno incazzare la gente, perché facevano una vita simile alla nostra vicino a noi, per prossimità. “E dei bambini in Pakistan non ti frega un cazzo?” chiederanno a questo punto i più coriacei sostenitori del falso risentimento, “no” chiarirò loro. A parte l’idea della motivazione per cui sono morti e del conseguente rischio per le persone a me care e per l’eventuale peggioramento del mio stile di vita già zoppicante.
Mettetevi l’anima in pace, esistono la serie A e la serie B, ed è per questo processo di selezione che ora potete ipocritamente permettervi di indignarvi per l’ipocrisia mentre i bambini in Pakistan muoiono, mentre i negri in Africa muoiono, mentre i ragazzi sotto casa vostra “muoiono di fame” in cella, mentre il vostro cervello è un cadavere che si anima di rigor mortis per scrivere puttanate su Facebook.
[D.C.]
P.S. anche in questo caso un pensiero e un ringraziamento vanno a Enrico Petrelli e al suo Razzista del giorno che di tanto in tanto s’impossessano del sottoscritto.
In realtà sono io che ringrazio te, perché hai espresso quello che è anche il mio pensiero in maniera ben più chiara di quanto avrei fatto io.