La faccenda genitori-figli-società si fa complicata, ma forse il problema è più semplice di quanto appaia.
Negli ultimi tempi abbiamo iniziato a notare, tra le pagine dei giornali, diversi articoli i cui argomenti erano relegati alle battute da quarantenni e qualche immagine su facebook: come si comportano i ragazzini di oggi? Che futuro ci aspetta? E, quindi o soprattutto, come si comportano i genitori di oggi?
Lungi da me fare un’approfondita analisi statistico-sociologica per la quale la redazione non ha voluto fornirmi i mezzi (saggiamente, dato che piuttosto li avrei utilizzati per andarmene in vacanza), ma che in giro ci sia una non meglio precisata, sebbene elevata, quantità di teste di cazzo appare empiricamente evidente, anche senza voler prendere le ultime elezioni come sondaggio autocertificativo.
Così diventano notizie le mamme che aprono gruppi di Whatsapp attraverso i quali sfiduciare i figli e aggredire gli insegnanti, diventa notizia il padre che non vuol far fare i compiti estivi al figlio, mentre diventa una notizia a metà il fatto di avere un sistema scolastico lontano dai più efficaci.
Tralasciando la sconfinata quantità di persone che fa figli come si comprerebbero peluche o cuccioli, per un tiramento personale, spesso momentaneo, in tradizionalissime famiglie a cui in poco tempo di tradizionale rimangono solo le foto del matrimonio strappate a metà, può darsi che sia il caso di fermarci un attimo a guardare chi cazzo siano ‘sti giovinastri che ci danno tanto pensiero.
Sono ragazzi che non amano andare a scuola, ragazzi che preferiscono cazzeggiare piuttosto che studiare, ragazzi abituati ad avere più o meno ciò che chiedono, cresciuti (e se c’è una tendenza all’evoluzione spero bene che sia così) un po’ più in fretta delle persone che li hanno accuditi, un po’ più smaliziati per la furbizia e il sesso in cui vivono, un po’ più tordelli per la bambagia e il vizio in nascono. O meglio, in cui noi li teniamo.

Noi. Noi che ci lamentiamo di questa gioventù che non mostra spina dorsale, che ci lamentiamo quando ne mostra una sottospecie, ma solo per diventare un mostro, noi che gli rompiamo le scatole con i vari “andate a scopare invece di andare a Pokémon”, senza aver loro insegnato di cosa si tratti davvero, e comunque poi lamentarci se lo fanno troppo presto. Noi ci lamentiamo.
Noi cresciuti coi resti, noi che “se ti fai male ti do il resto”, “se la maestra ti mette in punizione ti do il resto” e “se ti succede qualcosa ti do il resto”, non siamo certo stati la migliore generazione pescata dal cilindro; e l’impressione è che come genitori siamo ancor peggio che come figli.
Noi che riteniamo di essere migliori, come ogni generazione precedente, dalle generazioni precedenti abbiamo ereditato la diffidenza e il borbottio nei confronti dei nuovi giovani, ma quello che stiamo mostrando (e quindi insegnando) a queste non più tanto piccole spugne è una roba che se ci vedessero i nostri genitori, ci darebbero i resti.
Potrebbe essere dunque il caso di renderci conto dei nostri limiti, come genitori, come insegnanti, come critici, come umani, e approfittarne per intervenire un po’ meno nelle vite dei giovani aumentando la qualità dell’educazione nell’esempio, ma è molto più difficile fare che pretendere, e questo lo abbiamo insegnato talmente bene che tutta ‘sta differenza, in fondo, tra “noi” e “loro” forse proprio non c’è.
[D.C.]