La televendita di Renzi

collodipapero

Premessa: ci sono due cose che mi stanno, di base, abbastanza sulle palle. Una sono i referendum, l’altra è Renzi. Quando Renzi ha detto “facciamo un referendum costituzionale” la mia prima reazione è stata quella di pensare “scommetto un soldino che la riforma costituzionale sarà una mezza cacata, scritta male e parzialmente inutile”. Adesso ho un soldino.

Renzi mi sta sulle palle perché, dando libero sfogo agli inglesismi, è più frontman che premier. Le presentazioni con le slide, la presenza quotidiana in tv, gli slogan: più che un leader del centrosinistra mi ricorda Giorgio Mastrota quando vuole venderti un set di pentole. Usato.

renzimastrota

Il primo problema è che, anche a causa dello stesso Renzi, che disse incautamente che se il referendum fosse fallito sarebbe andato a casa, il dibattito ha smesso quasi istantaneamente di essere focalizzato sulla riforma, ma è diventato uno scontro puramente politico. “Tanto ‘sta cosa che va a casa se perde se la rimangia” ho pensato “ci scommetto un soldino”. Adesso ho due soldini.

Il secondo problema è che dato che la discussione non è più sul referendum, ma su Renzi stesso, si sono ovviamente coalizzate tutte le fazioni avverse al Presidente del Consiglio, che comprendono – oltre ad una corrente interna del PD – anche Sinistra Italiana (che in questo caso paga carissimo l’acronimo)

siperilno

e un mix intrigante composto da fascisti, leghisti, grillini e berlusconiani (gli ultimi quattro gruppi hanno come testimonial Povia, che funge un po’ da minimo comune multiplo).

Se da un lato Renzi ha spostato la manopola del suo Slogan-O-Matic su “potenza massima”, esibendo tutta la fuffa possibile in un’esplosione di “cambiamento” e “rinnovamento” e “altri bonus economici a caso”, il fronte del no ha ribattuto evocando il terribile Mostro Sparamerda e mettendo in giro una mole di bufale e puttanate che a confronto la pagina Facebook della Brigliadori sembra quella di Piero Angela.

Questo, a me personalmente, crea qualche problema di ordine morale.

È vero, questa riforma costituzionale è scritta male e fa acqua da diversi punti. Potenzialmente ha dei “buchi” che, se non risolti con leggi ad hoc e una nuova legge elettorale (che secondo me servirebbe comunque, ma vabé), potrebbero causare problemi. E questa è una cosa che ho notato non perché l’abbia detta il fronte del no, ma perché basta saper leggere. Dall’altro lato i sostenitori del no sembra che vogliano mettercela tutta per farmi votare sì.

In primis l’accumularsi di bufale su bufale, non ultima quella inventata dai leghisti sulla Boschi che avrebbe promesso più soldi per le cure oncologiche se vince il Sì. Se devi stravolgere la realtà per convincermi di qualcosa, mi spiace ma la carenza di argomenti è evidente. Quasi tutta la propaganda del no è (al pari di quella del sì, per carità) un trionfo di slogan che però spesso non hanno senso. “La Costituzione non si tocca!” per esempio è un argomento debole, le revisioni costituzionali non sono certo una novità (ce ne sono state 25 dagli anni ’60 senza contare quelle relative solo ad alcune Regioni a statuto speciale), semmai la novità è che si decida tramite referendum, cosa successa solo altre due volte in precedenza. A me per esempio convince poco il nuovo ruolo del Senato e come questo impatta sulle Regioni, ma di questo – che sarebbe un punto importantissimo –  non si sente parlare granché, perché si preferisce urlare istericamente invocando “la deriva autoritaria”, che è un’altra mezza cacata: la deriva autoritaria – se ci sarà – sarà colpa in larga parte del sistema elettorale, non della riforma della Costituzione. Se avessimo una legge elettorale con un minimo di senso il problema non ci sarebbe. Vi siete dimenticati della “deriva autoritaria” dell’era Berlusconi, quando il Cavaliere – forte della maggioranza del suo schieramento – ha fatto cacate su cacate, indulti, leggi ad personam e (rullo di tamburi) modifiche alla Costituzione come se non ci fosse un domani? Dove cazzo eravate?

E non ho ancora menzionato gli endorsement. Se lato-Renzi i sostenitori hanno il retrogusto del lecchinaggio più sfrenato (a partire da Benigni, che ormai più che un comico è un what if: “cosa sarebbe successo se Emilio Fede fosse diventato un regista famoso?”), dall’altro lato c’è un concentrato di merda che parte da Casa Pound, passa per Salvini e termina la corsa dando il cinque a Forza Nuova. Un po’ troppo. Scusate, non ce la fo. Mi dò noia da solo perché sento che è una roba di pancia, ma davvero, piuttosto che votare come i fascisti resto a casa.

Infine, e mi rompe tornare sull’argomento, c’è la deriva violenta che hanno preso le manifestazioni negli ultimi anni. È legittimo protestare contro Renzi? Cazzo, sì. Assolutamente. Ma ci sono delle regole. Il corteo che ha cercato di attaccare la Leopolda non era autorizzato e soprattutto non era pacifico. Se un assembramento non autorizzato lancia bottiglie, petardi e pietre cercando di interrompere un comizio con chiare intenzioni bellicose, forzando i blocchi usando i cassonetti come arieti, non catalogherei una carica della polizia fra le conseguenze inaspettate. E non è la prima volta, ho assistito personalmente a un attacco di manifestanti che hanno provato a forzare un cordone mentre i meno rissosi si accontentavano di vandalizzare i dintorni. Quella non è una manifestazione, è un troiaio, ed è vile piagniucolare dopo, è vile perché svilisce le centinaia di situazioni in cui manifestanti pacifici sono stati pestati dalle forze dell’ordine.

Oltretutto, scusate se ve lo faccio notare, ma una manifestazione fatta per impedire a qualcuno di esprimere un’idea è un pochino fascistoide come cosa. Ero rimasto al punto in cui si manifesta dove concesso, pacificamente, perché la manifestazione è un modo per comunicare la propria opinione politica (sia essa a favore o contro qualcosa). Passare all’assalto fisico non è proprio il top del dialogo democratico. Comunque, quando ho sentito che sarebbe partita una manifestazione non autorizzata verso la Leopolda, ho scommesso un soldino che sarebbe finita a schiaffi duri. Adesso ho un sacco di soldini, che però sono merendine fuori produzione dall’87 e quindi fanno venire la diarrea fortissima.

Ora, io non sono un costituzionalista, ma la riforma mi convince solo a tratti: alcune cose mi piacciono, altre no. Non sono un fan di Renzi né dell’attuale governo, ma mi spaventa vedere il centrosinistra (o quel che ne resta) a pezzi, perché mi spaventa il pensiero di chi potrebbe venire dopo, soprattutto se partisse una crisi di Governo prima di una nuova legge elettorale: Grillo e la sua legione di incompetenti e complottari? Salvini sorretto da un plotone di razzisti di merda? Berlusconi appoggiato dai cattofascisti?

Insomma, la questione è complessa e fare lo slalom fra slogan e propaganda ai limiti della truffa (da entrambe le parti) è un casino, ma se lo scopo di manifestazioni violente, bufale e insulti era quello di farmi digerire la riforma costituzionale devo dire: bravi, ci state riuscendo abbastanza bene.

Chiudo con una “provocazione morbida”: se qualcuno volesse commentare, pacatamente, con le ragioni del sì o del no, senza usare troppi slogan e senza attaccare gli oppositori, ma dicendo semplicemente il perché della propria posizione sarebbe davvero un bel modo per dimostrarmi che mi sbaglio e che il dialogo è ancora possibile.

[M.V.]

18 risposte a "La televendita di Renzi"

  1. Ci provo: io voto sì solo perché ritengo che il bicameralismo paritario sia un ostacolo alle leggi più di avanguardia, come dimostra il fatto che in senato si sono arenate le leggi sulla omofobia, rischiava di schiantarsi la legge sulle unioni civili, per esempio. Se ho una speranza di vedere approvate le leggi che ritengo ci portino nel mondo civile (legalizzazione, p.e.), quella speranza resta viva solo se il senato non esiste più. Mi accontenterò del fatto che con la riforma non deve votare fiducia o tutte le leggi che voterà la camera. Io l’avrei abolito, ma dovrei fare tutta la trafila per diventare presidente del consiglio, per fare le cose esattamente come le vorrei io, e non credo di essere capace.

  2. Io voto sì perché evitare il doppio voto a Camera e Senato non solo renderebbe più snelle le votazioni, ma toglierebbe molti “alibi” ai politici (con vari calcoli tipo “votiamo sì alla Camera tanto poi il Senato la blocca”).
    Ci sono anche altre cose che mi piacciono molto della riforma, dall’abbassamento del quorum per i referendum all’aumento delle firme necessarie per proporre leggi di iniziativa popolare che però devono essere obbligatoriamente votate in Parlamento.
    Certo, tutto poteva essere fatto meglio, ma l’attuale legge è anche il faticoso compromesso fra le istanze di una vastissima maggioranza, che prima ha insistito per le modifiche e ora fa campagna per il no.
    Detto ciò, Renzi è stato un bischero quando ha associato l’esito del referendum alla sua permanenza come premier (cosa peraltro tutta da dimostrare), proprio perché la costituzione è qualcosa di più ampio della singola forza politica. E se esistesse il modo di votare “Sì al referendum ma Renzi è bischero” io voterei senz’altro così.

  3. Io voto “Sì al referendum ma Renzi è bischero”, per 2 motivi:
    1) perché il bicameralismo perfetto è assolutamente inutile in questa epoca (e tutte le forze politiche lo sanno benissimo) e le motivazioni del “No” sono frutto di un male tipico italiano: il perfezionismo.
    La politica è compromesso, queste legge sarà brutta dal punto di vista giuridico (posso dire “chi se ne frega della bellezza giuridica” o i laureati in giurisprudenza se la prendono?) ma è comunque un tentativo di uscire dalla paralisi totale della riforma costituzionale. Basta guardare l’eterogeneità dei punti di vista dei sostenitori del “No” per capire che questa riforma stenterà ad arrivare al 51%, ma non esiste una proposta alternativa che metta d’accordo le restanti parti politiche e di cittadini. Se non si riconosce il compromesso come base della politica, allora ahimé non la riformiamo mai la Costituzione.
    2) concordo con l’articolo, questo è un primo passo che richiederà sicuramente tante leggi minori di correzione. Ma senza un primo passo, non andiamo da nessuna parte. Io vorrei abolizione del Senato: l’unica via realistica è prima fare questo Senato confuso, e poi nel corso degli anni arrivare a toglierlo. Già gridano alla svolta autoritaria così, ve li immaginate se l’avessero tolto del tutto?

  4. Uno dei motivi (non li elenco tutti) per il quale voterò NO è perchè la Costituzione dovrebbe sancire dei principi base e dovrebbe essere di semplice comprensione perchè rappresenta la carta dei doveri e dei diritti di tutta una Nazione. Da come è scritta la modifica all’articolo 70 non ci ho capito nulla su come le Leggi dovrebbero “passare”. Da come l’ho capita e da come qualcuno l’ha spiegata il Senato diventa totalmente inutile. Se qualcuno di voi me la spiega magari cambio idea.

    1. Ciao Gabriele, intanto grazie: la scarsa comprensibilità della riforma è un motivo valido per non essere d’accordo.
      Ad ogni modo, provo a spiegarti (non per farti cambiare idea, ma perché credo sia giusto, se posso, provare a farti capire cosa cambia a livello legislativo). Spero di essere chiaro, perdonami se fallisco miseramente 🙂

      In Italia abbiamo due Camere: la Camera dei Deputati e il Senato della Repubblica. Entrambe vengono elette direttamente dai cittadini. In ognuna di esse, Deputati e Senatori propongono, discutono e votano le leggi che poi, una volta concluso tutto il percorso, diventano leggi a tutti gli effetti; inoltre, entrambe votano la fiducia al governo. Questo ha dei pro e dei contro: i pro sono che le leggi vengono discusse più a lungo e c’è, diciamo, una “doppia validazione” da parte di due organi molto simili per scopo e competenze, ma magari diversi come forze politiche, il che non è necessariamente un male. I contro sono che di fatto viene fatto un doppio lavoro e che in caso di maggioranze risicate si rischia che venga preclusa la governabilità (pensa ai continui rimpalli sulle Unioni Civili).

      La riforma propone di sostituire l’attuale senato composto da 320 senatori con un “Senato delle RegionI” composto da 100 senatori votati non direttamente, ma indirettamente dai consigli regionali (che a loro volta però sono eletti dai cittadini).

      La camera a questo punto diventa il principale organo legislativo nazionale, il Senato dei 100 diventa un raccordo fra Governo e Regioni.
      Le funzioni del “nuovo Senato” sono:
      – piena competenza legislativa su tutte le leggi che riguardano i rapporti internazionali, i referendum, le riforme costituzionali e i rapporti con Comuni e Regioni.
      – diritto di modifica sulle leggi di bilancio e finanziarie.
      – diritto di richiedere alla Camera la modifica di una legge o la discussione di una legge proposta dal Senato; la Camera però può “bocciare” queste proposte con un voto a maggioranza assoluta.

      Quindi il Senato diventa molto meno utile sulle leggi “normali”, si rafforza a livello di raccordo fra Stato e Regioni e rimane più o meno al suo posto su tutte le materie istituzionali e costituzionali.

      I pro del nuovo Senato sono che i Senatori sono molti meno, non hanno il doppio stipendio e hanno competenze molto specifiche e questo rende molto più snello il lavoro delle Camere; i contro sono che si perde la funzione attuale del Senato, per cui di fatto è solo la Camera a svolgere pienamente la funzione legislativa (fermo restando che il garante di tutto resta il Presidente della Repubblica: è sempre lui che “valida” le leggi).

      In tutto questo vengono anche aboliti il CNEL e le Province: il primo perché ormai è considerato un ente quasi inutile, le seconde perché le competenze delle Province passerebbero sotto il controllo di Regioni e Senato (probabilmente con qualche delega ai Comuni) e viene modificato il sistema dei referendum popolari: da un lato servono più firme per farli partire (150.000 contro 50.000), dall’altro però non c’è più il quorum (quindi basta “No” che vincono grazie all’astensione) e se il Sì vince la Camera ha l’obbligo di discutere una legge ad hoc in tempi brevi (quindi basta con i referendum che dicono A e il parlamento che fa B).

      Quindi, in soldoni, se vince il Sì avremo:
      – Meno senatori, meno lungaggini legislative, ma un Senato meno forte che controlla la Camera solo su alcune cose;
      – Via le Province e il CNEL, ma più responsabilità a Regioni e Comuni (aiutati dal nuovo Senato);
      – Referendum propositivi più difficili da far partire, ma “sicuri” nei risultati se hanno successo (con tutti i pro e i contro).

      Se vince il No, ovviamente, rimane tutto com’è, con pregi e difetti.

      Se si analizza la situazione in modo neutro (al netto di slogan e letture “parziali”) è chiaro come in realtà sia il Sì che il No abbiano sia dei punti a favore che dei punti contro. Anche perché è irrealistico sia pensare che Renzi stia sfasciando la Costituzione senza colpo ferire (come sostengono alcuni attivisti del No), sia che la riforma è la panacea per i problemi del Parlamento (come sostengono alcuni attivisti del Sì).
      Come sempre in politica la situazione è sfumata ed è un mix di compromessi, per questo secondo me non si tratta di un voto “facile” se uno ci ragiona su.

      Spero di esserti stato utile (e di essere stato sufficientemente imparziale) 🙂

      1. Secondo me l’importante è capire che sia il sì che il no hanno le loro ragioni e sono ragioni valide, almeno finché il sì e il no sono nel merito e non “su Renzi”; non ci sarà nessuna apocalisse se vince il sì e non ci sarà nessun disastro se vince il no. Il no non è necessariamente immobilismo sfrenato e il sì non è per forza spregiudicato e irresponsabile.

  5. Dura. Io sono propensa a votare no perché poco sappiamo delll’elezione del futuro Senato: questo può far partire un lecchinaggio che in tre due uno si trasforma in mafia, scambio di favori eccetera, che è la cosa di cui tanto ci lamentiamo dei politici. E che però, c’è da dire, esiste abbondantemente già. No, scusa, non ce la posso fare. Voto no per mandare via Renzi che poi non va via e ti regalo un altro soldino 😦

    1. Capisco, però mi chiedo:
      “Mandare via Renzi” cosa c’entra col referendum? Poco. Sullo scambio di favori fra consigli regionali e senatino boh, in realtà non credo cambierà granché (prima facevi “carriera”: amministrazione locale, poi candidatura nazionale, adesso al limite salti uno step), in realtà a me piace l’idea di avere meno parlamentari e meno “poltrone” anche a livello amministrativo (per il taglio delle province, che anche lì di troiai ce ne sono). Quindi, di nuovo, forse sarebbe meglio votare la riforma in sé (e ovviamente se non ti convince voti No, ci mancherebbe).

      Sul secondo punto… è vero che se vince il No il PD di Renzi ne esce indebolito in vista delle elezioni; ma quel punto ok, il PD fa il tonfo, e chi ci guadagna? Grillo, Salvini e la destra in generale, temo. Perché sul fatto che Sinistra Italiana sarà l’ennesimo partitino del 5% scommetto un altro soldino, tanto ormai ho la dispensa piena…

      1. La parte di mandare a casa Renzi era disperatamente ironica. Sullo scambio di favori, ora il Senato è già formato. Gli eventuali favori se li sono già scambiati. Se si dovesse eleggerne un altro, invece, avremmo il trionfo del celodurismo da parte dei soliti beneamati

      2. Il punto è: vedi tanta differenza fra il “nuovo” Senato e il sistema per cui vai a votare gente comunque scelta dal partito che lo sostiene?
        Posto che entrambi i sistemi sono perfettibili, alla fine è sempre una questione di fiducia, o ti fidi del partito che voti oppure no, in entrambi i casi.

  6. Dunque; io sono partita decisa (mesi fa) a votare “No”, perché, dall’esterno e rabberciando informazioni concrete qua e là, anche leggendo effettivamente le proposte di modifica e capendo anche io molto poco delle modifiche all’art. 70, i miei pensieri sono stati, innanzitutto:

    1) Questa riforma è per me poco chiara, votando “Sì” avallerei anche il modo in cui è stata proposta (e, ammetto, questo è un pensiero totalmente “di pancia”, rispetto al voto), fottendosene – scusate – bellamente dei contenuti e della spiegazione degli stessi e giocando sempre a chi sputa più lontano e, soprattutto, votando “Sì” accetterei in pratica a scatola chiusa modifiche che non ho veramente capito nella teoria e compreso cosa potrebbero comportare nella pratica, perciò, col piffero.

    2) (che, in qualche modo, potrebbe anche essere un 1.5), nel merito, per me quasi completamente ignorante quando non “parzialmente autodidatta” (nel senso che ho cercato informazioni, tentando l’ardua impresa di scremare le bufale e le piume di pavone sparse qua e là), questa riforma è un “pacchettone” che include tante cose, anche diverse tra loro (sicuramente, nello schema generale, hanno una loro funzionalità collettiva, ma io sono miope, il quadro generale per me è sempre sfocato e non capisco mai se sta salutando me o la pensilina della fermata dietro di me), e con un solo voto io dovrei dire in pratica che mi vanno bene tutte, quando magari non è così: posso apprezzare il modo in cui si cambia la validità dei referendum (definizione imprecisa, ma breve), ma non le modifiche all’art.70 o (che so) l’abolizione delle Regioni, ammettendo che il CNEL sia per me un po’ come il Molise per i meme su Facebook, quando invece avrei preferito votare singolarmente ogni modifica, per quanto forse più complicato e magari deleterio sul lungo periodo;

    per queste due considerazioni, propendevo seccamente per il “No”, anche a prezzo di risultare, poi, ai fini delle rilevazioni statistiche, mettiamola così, nello stesso calderone di fascisti et similia, cosa che aborro, e parecchio.
    Ora, leggendo qua e là, forse tendo anche io al “Sì, ma Renzi è un bischero”, ma ci sono alcune incognite che non riesco a risolvere, per esempio se veramente il depotenziamento del Senato non sia un’autostrada aperta a tipi di accentramento di potere che poco mi piacciono, anche in vista del fatto che, come citato nel post su Trump, comunque “Idiots are taking over” e, soprattutto, ammetto una propensione per il perfezionismo, nel senso in cui viene citata anche nel post, ma mi piace anche poco la considerazione “questa almeno è una modifica, bisogna accontentarsi perché non c’è altro” che ho sentito e letto da più parti.

    (scusate la logorrea, ora vado a prendere le goccine)

    1. Sul punto 2: è una cosa che piace poco anche a me. Altre volte sono stati indetti referendum “multipli” (ne ricordo uno nel ’95 in cui i quesiti erano tipo dodici, di cui almeno quattro sulle regole per la televisione), stavolta che la materia è davvero serissima non sono neanche riusciti a dividerlo in 3 (per esempio riforma del Senato, abolizione delle province e del CNEL, referendum)…

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