Molte persone sono spaventate dall’elezione di Donald Trump.
Molte altre invece ridicolizzano il pensieri di quanti abbiano timore rispetto a un’elezione democratica di un altro paese.
E allora, senza laurea in “elezioni americane del 2016”, senza particolari nozioni geopolitiche, senza profonde capacità analitiche, arrivano le mie considerazioni su questo risultato elettorale, sul suo significato e sul turbare gli imbecilli. E lo faccio perché il mondo non è ancora esploso. Non ancora.
Partiamo da un problema: l’inflazione dello scandalo.
Ne parlavo un paio di giorni fa, ed ecco un esempio di quelli che manco se l’avessero eletto apposta. A seguito delle esternazioni di palese preoccupazione ed incredulità di una parte della popolazione dei social, si è elevata, opposta e di egual misura, una annullante reazione del tipo “Ma che ve preoccupate ‘mbecilli, non è successo un cazzo, siete solo dei piagnoni cacasotto faziosi rosiconi demmerda.”.
Esatto, siccome (come dice persino Obama) il sole è sorto anche il giorno dopo le elezioni, stupirsi, scandalizzarsi o spaventarsi è del tutto ridicolo. Va tutto come al solito e amen. Panta rei, anzi Panta stay.
Si ridicolizza l’espressione “la democrazia va rivista” perché l’accusa alle regole sbagliate arriva apparentemente solo quando perde la squadra del cuore.
Be’, potrebbe essere giusto, perché per lo più a urlare al complotto, al superamento della democrazia e alla catastrofe sono dei veri e propri imbecilli.
Ma.
Sì, c’è proprio il “ma” da scassamichia.
Perché tutto sommato invece, qualcosa che non va nel risultato di questa elezione c’è, e non è nemmeno così assurdo.
Il problema potrebbe benissimo non essere Trump in sé, magari come per Bush avrà qualcuno accanto che gli darà una bambola con cui distrarsi dal famigerato “pulsante rosso”, il problema potrebbe essere che l’America, guida del mondo occidentale per diversi decenni, ha così sdoganato il voto ad minchiam, il voto di pancia, il voto del “je la famo vede’ noi”, mostrando ad altre nazioni che in effetti, la via su cui si sono affacciati, tutto sommato è percorribile.
Quindi preoccuparsi no, non è da idioti, dipende certo da cosa ci preoccupi. Ma preoccuparsi, se non si dà di matto, è un bene.
Che si preoccupino le persone, e che si preoccupi la politica delle preoccupazioni delle persone, perché così magari qualche politico (o comunicatore) si adopererà per offrire un’alternativa, qualcosa di diverso e di meno preoccupante.
Se accettiamo e ci abituiamo alla vittoria di un pazzo, di un pupazzo o anche solo della facciata ignorante di un sistema più complesso, nessuno nella politica del marketing, del parlare semplice e dello spararle grosse, proverà qualcosa di diverso. Non lo farà di certo fintanto che terremo questo metodo redditizio in termini di elezioni.
Anzi, come sostiene il buon(?) Karimov, più probabilmente saranno gli altri partiti ad adattarsi allo schema vincente. E la probabilità che lo facciano con dei contenuti validi è più bassa di quanto non sia quella di vedere dei risultati estremamente più… pentastellati.
E sulla democrazia, c’è da piantarla? È un valore assoluto? E c’è davvero un solo modo di esprimerla?
Forse non è che la democrazia vada rivista perché ha vinto Trump, forse ha vinto Trump perché la democrazia va rivista.
Forse solo il sistema elettorale. In fondo La Clinton ha perso pur avendo oltre duecentomila voti in più.
Ma cos’è l’elezione se non l’espressione del popolo? La dimostrazione della necessità, dell’idea collettiva, della cultura… o della mancanza delle ultime due.
E se uno non valesse uno? E se il valore del voto delle persone cambiasse in base al valore delle persone stesse? Del loro grado d’istruzione, della loro partecipazione alla società, del loro contributo, della loro fedina penale, non so, persino della loro cura della propria salute o del proprio aspetto? E se il sistema tentasse di convincere gli elettori a voler valere di più, se li spingesse a migliorarsi, a comportarsi meglio perché il loro voto valga di più, perché la loro idea, la loro voce, sia più rappresentata?
Questo per dirne una che vi turbi.
Ma la verità è che piuttosto che trainare l’elettore verso l’alta politica, rimane assai più facile calare la politica verso il più basso degli elettori, o verso i più bassi istinti e le più basse reazioni degli elettori.
Senza offesa, perché c’è davvero tanta gente che non capisce un cazzo, quasi più di quella che capisce qualche cazzo, certamente molta di più di quella che capisce un sacco di cazzi. E finché uno vale uno, meglio la quantità della qualità.
E chi siamo noi? Chi saremo? Quanti saremo? E “quanto” saremo?
[D.C.]
P.S. Il discorso cambia per noi italiani che tutto sommato restiamo sempre italiani, che da destra a sinistra riduciamo sempre tutto a sole, cuore, furbizia e arrangiarsi.
Discorso particolare anche per la sinistra italiana che non comprendendo le ragioni del successo di Berlusconi, invece di parlare più semplice si è spostata più a destra. Ecco, non erano i contenuti, era la forma, cazzo!