Internet è la città globale, Facebook ne è la piazza.

Poi ci sta anche chi vive fuori, in campagna, tipo nell’Africa nera o nel Sud America nero, o nell’Asia nera, dove “schiavitù, violenza e fame” is the new black. Ma di questi, come il resto del mondo civilizzato, non ce ne occuperemo.
Correggo, come il resto del mondo civilizzato che non abbia un ditta.
Tornando alla nostra piazza dunque, quello che chiunque può notare è come, in un periodo di crisi generale, non solo economica, si stia decisamente perdendo quella che qualche hippie definirebbe “positività”.
Certo in un mondo in cui ci erano state promesse macchine volanti, viaggi nel tempo e bonissime cameriere robotiche sessualmente disponibili, ritrovarsi ad annaspare tra cinegri e razzisti non è il massimo dello stimolo.

Tutta la frustrazione per le promesse infrante, per l’insoddisfazione personale e per il malessere effettivo esplode là dove non trova conforto, confronto o contrasto, ossia proprio su Facebook, orecchio sempre aperto alle lamentele del malcapitato del caso.
Lamentele o invettive, perché non c’è miglior modo di sfogarsi che farlo su qualcuno d’altro, qualcuno che non possa magari difendersi, per non rischiare di dover ingoiare una risposta. Oppure va bene salire sul carro lanciato in velocità dell’assedio a questo o quel gruppo.
In somma la teoria del tifo portata ad un ulteriore livello, quella del tifo senza passione, quello a cui si partecipa giusto per tirare due bombe carta e sputare addosso a qualcuno senza rischiare ripercussioni e con il bonus di sentirsi partecipe di qualcosa di grande e inarrestabile. Come uno stronzo in un’immensa cagata.
Ma mentre questa porzione di civiltà sembrava essersi dissolta nel progresso, ora riappare nella combinazione tra benessere e ignoranza, sfruttata da sapienti esperti di ritardo sociale, e inizia ad avere un peso sul progresso stesso. Un peso morto.

Come se non bastasse, questo approccio semplicistico, iracondo e irresponsabile sta avendo presa sulla “popolazione cuscinetto”, ossia quella parte di popolazione che, nonostante tutti i propri difetti e senza grandi capacità, considera acquisiti concetti come “la terra non è piatta”, “la schiavitù è male” e “estirpare le malattie non è stato un complotto”. Nella difficoltà della vita quotidiana e sotto l’assedio degli sfoghi rabbiosi della massa urlante infatti è difficile tenere saldi principi che sembrano non fruttare più come “quando si stava peggio”.
Dalla parte opposta, a strenua e non diretta resistenza, c’è l’élite. Quelli che sanno, possono fare e fanno qualcosa per il progresso dell’umanità. Nonostante l’umanità.
O l’inumanità dell’umanità, per essere precisi.
Ho scritto élite. Una parola spesso contestata, sacrificata all’accezione negativa in favore del “tutti siamo speciali”, devianza dell’autodeterminazione che ha portato alla pari fatti e opinioni.
Alcuni, di questa élite, hanno deciso di fare da tramite tra chi fa cose che non riusciamo a capire e chi beneficia e beneficerà di quelle cose.
Qualcuno un po’ più in basso commenta quello che viene trasmesso.
Molti capiscono e non capiscono quello che viene trasmesso.
Qualcuno specula.
I più capiscono e non capiscono quello che dicono quelli che commentano ciò che viene trasmesso, in compenso riescono a seguire benissimo chi specula.
Nel frattempo la polemica riguardo all’approccio dei “ragionanti” rispetto al pubblico “analfabeta funzionale” impazza, bisogna fare così, bisogna rivolgersi cosà, bisogna confrontarsi, bisogna mettersi allo stesso livello, etc.
Scomodando Angela e Burioni vari ci si interroga su come “non lasciare nessuno indietro”, quando si rischia che indietro siano così tanti da convincersi “democraticamente” di stare davanti.

Non so quale sia la risposta, so però che da ignorante sento la necessità di avere qualcuno che sappia spiegarmi cosa accade nel primissimo mondo, nell’avanguardia del progresso, nella scienza, in ogni scienza. Ho bisogno che l’élite sia completa, capace e compatta.
Ma l’élite, in quanto tale, non potrà mai essere maggioranza; e in un paese democratico la maggioranza è importante. In questo contesto è fondamentale che la “popolazione cuscinetto” faccia la sua parte, che non è quella di divulgare, discutere o forzare, bensì quella di diluire e attenuare quel moto di odio e rabbia che traina tutto il resto della popolazione, rendendola più ignorante di un sandalo col calzino.
C’è bisogno di essere “positivi”, assertivi e piacevoli, per sé e per gli altri. Un po’ come vivessimo dentro l’Enterprise, senza recedere di un passo dal vero, ma senza offendere nessuno, come se fossimo tutte persone educatissime, come se l’educazione andasse di moda. Ma non come l’onestà eh, davvero dico.
Ci sarà poi il Funari o lo Sgarbi di turno, ma dovrà risaltare tra la cordiale pacatezza della popolazione civile, altrimenti né l’uno né gli altri otterranno nulla di buono.
Oh, è un tentativo, magari funziona, magari no, almeno avremo avremo evitato un rischio:
[D.C.]
PS
Sarebbe bene anche ridurre l’uso delle parolacce, che già fanno ridere molto meno. Tipo proprio più per niente, dal Vaffa day.