“Breakin’ rocks in the hot sun, I fought the law and the law won, I fought the law and the law won. I needed money cause I had none, I fought the law and the law won, I fought the law and the law won.”
The Clash – I Fought the Law
È un po’ che non perculo i cinquestelle. Direi che è il caso di rimediare. Lo dico subito, così se siete cinquestelle oltranzisti potete iniziare a farvi montare la carogna fin dalle primissime righe del pezzo.
I fatti: durante la campagna per l’elezione del Sindaco di Milano, quattro simpatizzanti cinquestelle decidono che Sala, candidato Sindaco del Partito Democratico e attuale primo cittadino della città, è “ineggibile” perché prima delle elezioni non ha lasciato la carica di commissario unico di Expo 2015 e anzi ha continuato a sottoscrivere atti ufficiali, come l’approvazione del bilancio della manifestazione. I quattro EROIH DEL POPOLO presentano ricorso al TAR. Il TAR risponde “noi non c’entriamo un cazzo, avete sbagliato ente per fare ricorso”.
Cominciamo benissimo.
Questo dettaglio sembra insignificante, ma la dice lunga sulla preparazione dei quattro EROIH DEL POPOLO in materia di legge e istituzioni. I Quattro Paladini dell’Onestà non sono ovviamente paghi, non demordono, gridano al gombloddoh, forse chiedono indicazioni a un passante honesto, in qualche modo presentano il ricorso nel posto giusto e aspettano.
Sorge un primo problema: tecnicamente i cinquestelle devono dimostrare al Tribunale di essere elettori del Comune di Milano, ma non lo fanno. È una formalità, un invio di documenti, ma i nostri eroi (e i loro avvocati, evidentemente) pensano che non sia importante. Questa cosa, da sola, basterebbe a rendere il ricorso inammissibile (e a scatenare un putiferio sui poteri forti che insabbiano le iniziative meritevoli della brava gente), ma per nostra fortuna ci sono motivi decisamente più pertinenti per invalidare il ricorso: come previsto dalla legge, Sala aveva già formalizzato le dimissioni per iniziare la sua corsa a Palazzo Marino nei tempi stabiliti, quindi per i giudici è del tutto valida “la dimissione della carica avvenuta con atto del 15 gennaio 2016”, pervenuta in effetti “ben prima della presentazione della candidatura”.
I quattro EROIH DEL POPOLO non ci stanno e dicono che Sala, pur dimissionario, ha firmato il bilancio di Expo e non avrebbe dovuto farlo. In realtà è proprio il contrario: la firma del bilancio è “un’attività dovuta che per disposizione di legge l’amministratore cessato non avrebbe potuto che redigere personalmente e la cui mancanza avrebbe potuto costituire motivo di espressa censura”. Che è un po’ quello che ci aspetterebbe da un candidato Sindaco che ricopriva un ruolo del genere in precedenza. I giudici non hanno fatto altro che constatare la cosa, mettendo la parola fine all’assurda controversia.
Finita? Non ancora. Quando l’asticella dell’imbarazzo inizia a salire, non si sa dove può arrivare, perché vola in alto, probabilmente tentando di arrivare a riveder le stelle, e si sa che l’universo è infinito.
Ai nostri EROIH DEL POPOLO è sfuggito un dettaglio: se fai causa a qualcuno e la perdi in modo così eclatante, ti tocca pagare le spese processuali e probabilmente ti becchi anche una contro-denuncia o quantomeno una richiesta di risarcimenti dagli interessati, ossia le persone che hai detto aver fatto qualcosa di illegale o non consentito e che invece erano perfettamente in regola. E così ai poveri Vendicatori dell’Hinterland arriva una pigna da 20.000 euro per coprire le spese di lite sostenute dallo stesso Sala e dal Comune di Milano. Che è normale, se fai perdere tempo e risorse a qualcuno per una cosa che non sta né in cielo né in terra.
E qui arriva il colpo di genio di Manlio Di Stefano,
Deputato della Repubblica, capogruppo del Movimento 5 Stelle in III Commissione Affari Esteri e Comunitari e delegato italiano presso il Consiglio d’Europa cittadino pentastellato. Con un accorato appello su Facebook, in cui ampollosi discorsi da capopopolo circondano armoniosamente un prosaico IBAN, il deputato grillino chiede agli elettori di pagare le spese processuali dei quattro geni del foro.
Vediamolo nel dettaglio. Mi permetto di inserire qualche commento a margine.
ABBIAMO BISOGNO DEL VOSTRO AIUTO
Un gruppo di cittadini si ritrova a dover pagare un debito sorto solo per la loro volontà di tutelare un interesse comune.
No, Manlio, un gruppo di cittadini si ritrova a dover pagare le spese processuali della parte avversa a seguito di un processo che hanno perso. Hai presente quella cosa dell’onestà che andrà di moda? Ecco, è più facile che succeda se, la legge, la conosci.
Ecco cosa è successo: dopo le amministrative dello scorso giugno, quattro concittadini milanesi hanno deciso di intraprendere un’azione popolare contro Sala e il Comune per accertare la legittimità dell’elezione del sindaco, visti gli incarichi precedentemente assunti in Expo e la loro presunta incompatibilità con la candidatura a primo cittadino della città.
No, Manlio, ecco cos’è successo: quattro sprovveduti hanno presentato un ricorso insensato al mero scopo di invalidare una legittima elezione, e stanno subendo le conseguenze dell’equivalente legale di rompere il cazzo a Bud Spencer mentre mangia.
Il TRIBUNALE di Milano – ritenuta legittima l’elezione e non ammissibile il ricorso – ha condannato questi quattro cittadini a pagare 20.000 euro di spese legali.
Il comune ha già chiesto il pagamento, il sindaco non ancora.
E un bel “e grazie al cazzo” non ce lo metti?
Non entriamo, OVVIAMENTE, nel merito della pronuncia ma crediamo che i cittadini debbano essere liberi di rivolgersi alla magistratura per accertare la legittimità di decisioni di interesse comune senza rischiare per questo di essere condannati a pagare decine di migliaia di euro.
Perché non ci entriamo? Entriamoci, invece. La decisione del Tribunale è l’unica possibile alla luce dei fatti. E quello che hanno fatto i Quattro dell’Ave Terottorcazzo non è “chiedere informazioni”, è stata un’azione legale volta a delegittimare l’elezione del primo cittadino della loro città: è assolutamente normale che ne paghino le conseguenze.
Per questo riteniamo quindi che sia giusto aiutare questi cittadini a estinguere il debito.
Chiediamo a tutti voi di contribuire con una donazione, perché pensiamo che anche questo significhi essere comunità!
Cioè i vostri elettori dovrebbero pagare di tasca propria le beghe legali di un gruppo di simpatizzanti che hanno deciso arbitrariamente di infilarsi in una diatriba legale che più che a un processo assomiglia a un suicidio assistito? Farlo non è “essere comunità”, è favoreggiamento di ritardo mentale.
Provo a rispiegarlo: se intenti una causa che non ha nessun fondamento, vieni condannato a pagare le spese alla controparte. È così da sempre, ma non solo, non c’è niente di sbagliato. È proprio una cosa normale, serve sia come deterrente per evitare che i tribunali vengano ingolfati da cause del cazzo, sia come tutela per i cittadini onesti che non possono essere citati in giudizio sulla base dei vaneggiamenti del primo matto dotato di scarsa attitudine alla nobile attività conosciuta come “percepire la realtà”.
È proprio una questione di responsabilità: fai una cosa, ha delle conseguenze. Se io offendo la mamma del papa, lui mi dà un pugno. Causa e effetto. Azione e reazione. Non è difficile. Non ci è dovuto un cazzo nulla, se uno vuole avere ragione deve dimostrare di avercela, e deve dimostrarlo coi fatti, e se una persona accusa ingiustamente qualcuno ingolfando i tribunali con delle sonore segàte deve pagarne le conseguenze.
Non so, la butto lì: forse questa cosa dell’onestà è bene ripassarla un pochino prima di aprire di nuovo la bocca sull’argomento.
[B.K.]
Sublime.
Grazie!