Trump invita i presidenti delle squadre di football a licenziare “quei figli di puttana che protestano durante l’inno nazionale”.
È così, tutto è iniziato da quando il quarterback Colin Kaepernick, ormai più di un anno fa, decise di inginocchiarsi durante l’esecuzione dell’inno nazionale, rimettendoci la carriera (non una robetta, per un lavoro da qualche milione di dollari l’anno).
Si tratta di un gesto importante, un po’ perché per gli americani l’inno e la bandiera sono un po’ come per me la pancetta e la figa, un po’ perché inginocchiarsi in quello sport ha un significato forte: si fa per mettere fine ad una partita che non ha più nulla da dire o quando c’è un infortunio grave. Qualcosa che in un’America che vedeva negri abbattuti come birilli in un torneo di bowling tra poliziotti, aveva un certo impatto.
E anche se in effetti tutto era iniziato quando i poliziotti hanno deciso che sparare a un negro per strada era un efficace sistema di sicurezza preventiva, con il tempo la civilissima protesta ha preso piede anche tra i colleghi di Colin, assumendo diverse forme. Un evento pesante se pensiamo che la presenza dei giocatori sul campo durante l’inno è dovuta al pagamento di fior di milioni all’NFL da parte dell’esercito, una costosa scelta di marketing che sta avendo un risvolto piuttosto buffo, se per buffo intendiamo “’sti figli di puttana ci stanno facendo fare una figura di merda”.
Tanto da far vibrare quel mini dildo con cui Trump riceve le telefonate.
Ora, immaginate un tizio che si compri una squadra di football, immaginate, per quanto repubblicano egli sia, come possa accettare un “suggerimento” su come dirigere i propri affari, sparato per giunta in pubblico più dei post passivo aggressivi su Facebook “certa gente non sa proprio come comportarsi in certe situazioni”.
Quindi domenica molti presidenti sono scesi in campo abbracciati ai propri giocatori, squadre intere non sono uscite dagli spogliatoi e i giocatori più rappresentativi (persino qualcuno trump-friendly) hanno pubblicamente espresso la solidarietà alla causa, dalle parole di Aaron Rodgers, del “love over hate, learning to live together”.
Uno schiaffo al bullismo dei benestanti che manco la “carta bianca” di Totò.
Ciò nonostante in USA c’è un modo per chiamare queste situazioni, le chiamano “white people problem”, ossia quei problemi che riguardano quella parte di società piuttosto distante dall’aver paura di essere fucilati per strada a causa dell’essere negri. Eppure questa volta le due realtà si toccano, un po’ perché hanno concesso ad alcuni negri di diventare ricchi e famosi, un po’ perché grazie a dio (perché no?) stiamo davvero esagerando. Potrebbe trattarsi, nella sua facezia, dell’inizio di qualcosa di più grande, come una timida erezione che si trasforma in una memorabile sega.
Non è certo una novità il nazionalismo americano, né lo è la deriva fascista che sta prendendo la politica occidentale a seguito della crisi, delle relative speculazioni e dell’accettazione dell’ignoranza come legante popolare, ma che un presidente intervenisse con parole così dure, scurrili e idiote su di un accadimento quasi banale, questo è sintomo di una diffusione troppo estesa della metastasi troglo-reazionaria.
In somma, tutta questa storia è poco più di un brufolo su di un corpo marcio dentro, ma il brufolo si vede, e fosse anche per vanità potrebbe portarci da un medico. O su internet, nel qual caso saremmo fottuti.
Ma se riuscissimo ad accettare di avere un problema, magari potremmo iniziare a decidere di intervenire, di cambiare, di avere una vita sana ed equilibrata, con una dieta varia, tanto esercizio fisico e molto meno sparare ai negri, molto meno violentare e altri vizietti del genere.
Intendiamoci, la caccia al poveraccio è sempre stata molto liberatoria, indipendentemente da che fosse negro, donna, disabile, frocio, pellerossa o altro, ma un conto è un intimo gusto perverso, un conto è dirsi “oh, fico sparare ai negri eh? – Regolare! Bisogna farlo.”. E come abbiamo visto non è inserendo negri, donne, disabili, froci e via discorrendo nei posti di potere che risolviamo la questione, che lì giunti sanno essere peggiori dei loro stessi aguzzini, la storia deve toccarci, toccarci tutti, fosse anche passando da un lancio in uno sport che sembrava proprio alfiere del non-pensiero e della distrazione di massa.
Nel frattempo, sebbene non sia certo io il primo a dirlo, esercitatevi con questo pensiero: se vi indigna di più la protesta per la violenza sui civili che la violenza sui civili, voi non avete un problema, voi siete il problema.
[D.C.]
È una battuta un po’ usurata, ma… 92 minuti di applausi!
Mi viene da pensare che questa ‘uscita del Demente alla Casa Bianca sia in qualche modo intersecata alla sodomizzazione da lui subita ancora una volta sulla cancellazione dell’Obamacare.
Credo e spero che questo fatto possa un giorno comparire sui libri di storia, perché forse adesso non è ancora così chiaro che peso abbia.