Tutto è cominciato qualche giorno fa, con un tweet di Luigi Di Maio, che esordendo con un apocalittico “Non è una fake news” accusava Matteo Renzi ha un accordo con Berlusconi per spartirsi “la Sicilia e l’Italia con Berlusconi” e chiedeva un confronto TV con il leader del PD. Renzi ha prontamente accettato, ma Di Maio ha fatto un passo indietro rinunciando al dibattito.
Apriti cielo: a suon di prese per il culo, l’hashtag #DiMaio è diventato trending topic alla velocità della luce, superando anche l’altro hashtag a cinque stelle, quello dedicato a Chiara Appendino, indagata negli stessi giorni per gli incidenti di Piazza San Carlo (cosa peraltro ben più grave di un mancato confronto televisivo, ma transeat).
I fan di Renzi hanno scatenato tutto l’arsenale a loro disposizione, citando Bravehart, rivangando le lacune del leader pentastellato su congiuntivi e capacità di lettura delle email e mettendo in piedi un vero e proprio show fatto di meme, battute e sfottò, un fuoco continuo a cui i sostenitori del giovane cinquestelle non hanno saputo rispondere a tono. Vittoria!
Nel frattempo, mentre la coalizione di destra vinceva le elezioni amministrative in Sicilia, il Movimento Cinque Stelle diventava il primo partito dell’isola, prendendo a calci nel culo i candidati di PD e sinistra così forte che gli andrà bene se cacheranno urlando solo per una ventina di giorni. E in realtà è proprio dal risultato elettorale siciliano che era partito il dietro front di Di Maio, che aveva (con una mezza supercazzola, a onor del vero) fatto marcia indietro definendo Renzi un avversario non al suo livello. Che sicuramente è una mossa politicamente scorretta, che probabilmente non è vero a livello né a livello politco, né a livello dialettico, ma che agli occhi di un elettorato “da stadio” come quello a cinque stelle ha perfettamente senso, se hai preso più del doppio dei punti percentuali del tuo avversario.
Quindi, in Sicilia, il PD e la sinistra in generale vincono la guerra dei meme, il centro destra vince le elezioni, il Movimento Cinque Stelle diventa il primo partito.
Non ne capisco granché di politica, non ne ho mai capito, ma vista da qui la situazione mi sembra abbastanza disastrosa. I continui litigi fra micro-fazioni e soprattutto la terrificante scollatura fra dirigenza e base sta rapidamente distruggendo il poco che resta della sinistra. Il PD ha ormai come unico amico Alfano, che è un po’ come vantarsi di passare pomeriggi ameni con Pacciani; la sinistra arranca al 6% sempre sull’orlo dell’ulteriore scissione, ma tanto sticazzi, perché anche sommando PD e sinistra si arriva al 24-25%, diversi punti sotto qualsiasi avversario di rilievo.
Mi si risponderà che le elezioni in Sicilia non sono le elezioni politiche, che la Sicilia è sempre stata storicamente di destra, ed è tutto vero, ma io qualche domanda me la farei. Mi chiederei se far scendere Renzi in Sicilia un paio di volte sia stata la miglior campagna elettorale possibile, o se poteva esser fatto qualcosa di più a livello territoriale. Mi chiederei se battibeccare di ripicche ed alleanze anziché di lavoro, diritti e politiche sociali sia quello che l’elettorato di (centro) sinistra vuole sentirsi dire.
E, in generale, preparerei qualche contromossa in più di un pugno di meme del cazzo, stando magari un po’ di più a contatto con la gente, e un po’ meno su twitter.
Ma, come dicevo, io di politica non capisco granché.
[M.V.]
Non è semplice capire qual è la strada giusta. Io credo che quando Andreotti diceva “Il potere logora chi non ce l’ha” non avesse in mente la scena politica (o pseudo politica) del 2017. Renzi sta girando per l’Italia con il treno, scende, incontra la gente – ma andando sul suo profilo Twitter, guardando il suo profilo, e leggendo poi i commenti a ogni suo tweet, si troveranno insulti, minacce e sfottò. La “gente” (il vero pilastro di ogni dittatura del cazzo) odia Renzi in modo profondo e viscerale. Perché? Perché Renzi ha governato.
In assenza di idee forti dietro ai partiti, di ideologie se vogliamo usare un parolone che spaventa, un partito vale sostanzialmente l’altro: non c’è nulla a cui ci si può sentire legati, se non al leader di turno. Ora, poiché non esiste alcun progetto per il futuro da parte di nessuno, e siccome la cosa più semplice e “figa” che si può fare, in politica, è fare pernacchie verso chi è al potere (se le cose vanno male, se piove, è colpa del governo ladro), chiunque andrà al potere ne verrà stritolato. Renzi è stato l’idolo dei rottamatori: se però ti appoggi a “gente” (quella di prima) che è contenta solo quando dice “mandiamoli a casa” (dei politici, degli immigrati, perfino dei marò), è ovvio che nel momento in cui sarai al potere, quello da mandare a casa sarai tu. Pensaci: nel 1996 vince il centro sinistra e sono tutti contenti. Nel 2001, vince Berlusconi, perché il centro sinistra non piace più a nessuno. Nel 2006 vince (di poco) il centro sinistra, perché Berlusconi non piace più a nessuno. Nel 2008, stravince Berlusconi perché il centro sinstra non piace più a nessuno. Nel 2013, Berlusconi non piace più a nessuno e vince (male) il centro sinistra. E’ sempre così: è sufficiente andare al potere per smettere di essere votati, ed è sufficiente essere all’opposizione per essere eletti. Alemanno aveva vinto contro Rutelli, Marino aveva vinto contro Alemanno, la Raggi ha vinto contro tutti: credi che vincerà anche le prossime elezioni?
Se poi confroniamo il centro destra, il M5S e il PD in Sicilia, cosa diavolo possiamo confrontare? Il centro destra era più vicino al territorio? Il M5S ha più chiari i bisogni della gente e sa come soddisfarli? Il PD farebbe davvero meglio?
Il punto è: non esiste più la politica, è rimasto solo il potere, con la relativa battaglia per accaparrarsi il consenso, in cui vince chi solletica la pancia. La pancia di chi? La pancia della gente.
Questo è chiaro: chi è al potere è più odiato, e governare porta di solito un calo di consensi (a meno di ottimi governi dopo periodi di buio nerissimo); io ho sempre sostenuto che il M5S non si allei coi nessuno (anche) per non rischiare mai di governare, anche perché per esempio dove arrivano ad amministrare le cose non vanno poi benissimo, e i consensi calano.
Io ho paura che Renzi non mollerà mai la sua posizione, che però è in qualche modo “compromessa”: ormai è il Nemico del Popolo Numero Uno, e chi ragiona di pancia difficilmente cambia bersaglio se non ne trova uno nuovo…
Mi spiace ma non concordo. Chi ha scritto questo articolo non ha letto attentamente i dati.
Il PD alle regionali del 2012 aveva preso il 13,42%, a quelle del 2017 ha preso il 13,02%, rimanendo sostanzialmente stabile.
Il M5S è passato dal 14,88% del 2012 al 26,67% del 2017.
Analizziamo le coalizioni:
La coalizione del CSX nel 2012 vinse con il 30,43% ed il suo candidato – Crocetta – ebbe il 30,47% delle preferenze. Nel 2017 la coalizione di CSX ha preso il 25,4%, ma il suo cadidato – Miccari – solo il 18,65% delle preferenze.
Parimenti il M5S, a fronte del 14,88% dei voti con il 18,17% delle preferenze per Cancellieri nel 2012, è passato nel 2017 al 26,67% con il 34,65% di preferenze per Cancellieri.
Ora, non ci vuole un grande politologo per capire che il voto disgiunto ha portato tanti elettori di CSX a votare PD o liste di CSX, ma dando la preferenza a Cancellieri per evitare la vittoria di Musumeci.
Importante anche notare l’affluenza, del 46,76%, a fronte di un’affluenza alle politiche che si assesta generalmente al di sopra del 75%.
Peraltro chiunque abbia seguito il governo Crocetta sa benissimo che è stato un disastro e che la sinistra non aveva chance di vittoria, lo si sapeva almeno da un anno a questa parte.
Insomma, per quanto cocordi sul fatto che la sinistra è in crisi, mi sembra un’analisi molto frettolosa e superficiale.
È vero, il PD da solo aveva preso 257.274 voti nel 2012 e ne ha presi 250.633, non è uno scarto abissale, ma la frammentazione a sinistra ha portato a una dispersione di voti tale che il candidato sostenuto dal PD in Sicilia ha preso solo 388.886 voti, mentre nel 2012 Crocetta ne aveva presi 617.073. La critica fondamentale al PD è che ha diviso e frammentato il centro sinistra in un modo che non si è forse mai visto (il PD di 10 anni fa prendeva 505.420 voti, in Sicilia).
I cinquestelle, invece, sono zompati da 285.202 voti (368.006 per il candidato) a 513.359 voti (722.555 per il candidato).
Direi che il sorpasso sia stato inequivocabile, sia ragionando in termini di partito singolo che di coalizione (che per i cinquestelle non esiste).
A destra, banalmente, il capolista è zompato da 521.022 voti a 830.821. Cioè: oltre 300.000 mila persone in più. Che l’elettorato siciliano, già “destrorso” di base, si sia spostato ancora di più a destra, direi che è inequivocabile (i 100.000 che hanno votato Fava esistono, ma anche sommandoli ai voti del PD si arriva ben lontani dai risultati dei due poli a destra).
Con un’affluenza più o meno stabile, a livello regionale, questi risultati sono, di fatto, un disastro per la sinistra, e in particolare per un PD che non è mai stato così solo.
Concordo su molto di quello che dici (soprattutto sulla differenza fra nazionale e regionale, anche a livello di affluenza, o sul fatto che il candidato del PD abbia scontentato molti), ma che il voto sia andato “tutto sommato bene” per il PD anche no: soprattutto a livello politico siamo a una situazione molto grigia, se si va avanti così la sinistra – dal PD fino alla punta estrema – rischia di prendere – come si dice in Toscana – una “rincenciata” di quelle memorabili.
Il problema è che consideri il PD un partito di sinistra. Parafrasando Leonardo Tondelli, che cosa deve fare in Italia un partito di destra per farsi prendere sul serio?
Il PD si è “autonominato” forza riformista e democratica, quantomeno gli ho dato il beneficio del dubbio 🙂
Posso autonominarmi emulo di Rocco Siffredi?