È dura attaccare un pezzo con le parole “Mario” e “Adinolfi”. Durissima. Infatti questo paio di righe sono state aggiunte appositamente. Ma si diceva.
Mario Adinolfi.
Mario Adinolfi, a proposito della legge sul così detto “biotestamento”, ha detto che “l’emergenza degli italiani non è come ammazzare le persone, ma” eccetera.
E Salvini. Salvini ha detto che l’emergenza degli italiani “non sono gli skinheads, ma Renzi”. Che poi. Gli skinheads, capito. Gli skinheads di Como, ci s’ha noi. Quella di quel ramo del lago e via dicendo. Non ci meritiamo nemmeno, che so, una banda di esotici nazisti dell’Illinois. Mancolicani. Sempre Salvini – dice tante cose, Salvini – ha detto che lui si occupa di vivi. Non di morti. Come se la morte non fosse l’unico problema che riguarda tutti i vivi. Perfino le teste di cazzo che dicono, dicono, dicono un sacco di cose.
Berlusconi non dice più che l’emergenza sono i comunisti. Cioè, un po’ sì. Ma l’emergenza più emergenza di tutte sono i Cinque Stelle.
I Cinque Stelle dicono che emergenza è una parola un po’ difficile. Anche se qualcuno fra loro dice che la sua emergenza è essere taaaaanto felice.
Renzi e quelli del Pd non lo possono dire, ma l’unica vera emergenza è la guerra civile su cui si fonda quella specie di partito.
Stamani al bar c’era un vecchio. Aveva un giubbottino verde e un cappello con la piuma di fagiano. Pareva un Peter Pan finlandese, non fosse stato per quella voce sigarettosa in confronto della quale Sandro Ciotti sarebbe parso un imitatore di Gigliola Cinquetti. Questo vecchio ha detto al barista che l’emergenza non sono i profughi, ha detto, ma quei cinghiali di merda che invece di nascere direttamente in umido gli devastano l’orto. Gli hanno mangiato tutte le zucche, ha detto. Poi ha smadonnato reiterate volte.
Emergenze, emergenze, emergenze. Uno vorrebbe solo starsene tranquillo e fare il suo, e invece giù, ansia. Con tutte queste emergenze pensano di ansiarci, spaventarci, di farci chiudere in casa e dire: oh cazzo, siamo circondati, non ci sono speranze, Gesù Cristo salvaci te o comunque se te hai da fare allora ci può pensare Adinolfi o Salvini o Di Maio o Berlusconi o Renzi o un altro stocazzo a caso.
Davvero pensano di fregarci con questo stato di emergenza diffusa e permanente? Be’, a vedere un po’ come vanno le cose, in Italia ma anche nel resto di questo coso tondo che gira nello spazio e nel tempo, non è che è poi così facile dar loro torto. Non nel senso che hanno ragione, manco per il cazzo; nel senso che funziona. Ha sempre funzionato, ma ora funziona anche di più.
Il fatto è che se tutto è emergenza, allora nulla è emergenza. I problemi e gli scazzi che ci si trova ad affrontare quotidianamente, appunto questo sono: problemi e scazzi quotidiani. Invece uno a cinque anni si mette a sedere un attimo e quando si rialza dalla poltrona ne ha quasi quaranta. E cazzo, alla fine ti senti fortunato, quasi un sopravvissuto.
Perché noialtri siamo quelli che sono riusciti a superare l’emergenza rifiuti e l’emergenza mucca pazza, l’emergenza rom e l’emergenza aviaria, l’emergenza lamette negli scivoli all’Acquafan e l’emergenza cani-randagi-che-sbranano-bambini; non si sa bene come, ma ci siamo lasciati alle spalle l’emergenza AIDS e l’emergenza lavoro, l’emergenza terremoti e quella stupri, l’emergenza neve e l’emergenza ecstasy, eroina, cocaina. Siamo qui per raccontare come l’emergenza auto-pirata e l’emergenza sassi dai cavalcavia abbiano condizionato le nostre vite. È un miracolo se siamo qui, oggi, nonostante l’emergenza scie kimike e quella dei vaccini, nonostante questa valanga di merda in cui potevamo soffocare ogni cazzo di giorno della nostra vita. Perché, a pensarci un attimo, non è che queste emergenze siano state risolte da qualcuno. A nessuno gliene fotte un cazzo di risolvere un’emergenza, semplicemente perché non è poi così semplice risolvere qualcosa che non esiste, diobono. O meglio: la storia ce lo dice, soprattutto la nostra storia. L’unico modo per superare un’emergenza è: inventarsene un’altra. Ma del “benaltrismo”, quella corrente per cui il problema non è quello di cui si parla ma “ben altro”, se ne ragionerà un’altra volta.
Mettiamola così. Buttiamola sulla filosofia. Per chiarire meglio il concetto, ricorreremo al famosissimo “Paradosso della Sgommata” (no, non è vero, non è famoso: è stato appena inventato).
La vita si compone quasi-soprattutto di rompimenti di coglioni. Non è tutto così, ci mancherebbe. Ma soprattutto sì. La sveglia che non suona, o che suona; vai a lavoro, se ce l’hai, e ti scoglioni; ti preoccupi per la tua famiglia, ti rubano in casa, non arrivi a fine mese, la macchina non parte, il lavandino otturato, vai a fare la spesa, maremmimpestata, e così via. Tran tran quotidiano, capite? Ecco. Poi, d’improvviso, bum!, ti blocchi, ti fermi, ti paralizzi e stringi le chiappe. Perché? Perché ti scappa una di quelle cagate immense, universali. Non metaforicamente, amici e amiche: proprio letteralmente, fisicamente, devi rompere il cesso a metà se vuoi sopravvivere. Ecco qual è l’emergenza. Trovare un cesso, e risolvere il problema, liberarsi le viscere e proseguire con il nostro tran tran fatto di scazzi e gioie.
Chiaro, no? E invece pare proprio che la faccenda si sia ribaltata, che l’approccio sia stato capovolto ad uso e consumo di qualcuno che, di certo, non siamo noi stessi. È come se ci dicessero dalla mattina alla sera e anche durante la notte che ci stiamo per riempire le mutande di merda, e che tutto il resto non conta. Quando, al limite, si può forse parlare di innocua, talvolta superflua, quasi rassicurante sgommatina.
È difficile negare che una vera emergenza, in effetti, esista. Eccome se esiste: in definitiva, non ci riesce nemmeno più essere imbecilli come si deve. L’imbecillità prevede, o prevedrebbe quantomento, una certa dose di responsabilità. Una certa dose di mesta subordinanza. E invece. E invece.
E invece c’è chi pensa che l’emergenza vera sia scrivere un pezzo per smontare le emergenze.
Il Paradosso della Sgommata ha vinto, ancora una volta.
[Gianni Somigli]