Quando l’ateo diventa talebateo.

Chi mi conosce probabilmente mi definirebbe un ateo di quelli duri. Soprattutto in virtù del fatto che se un credente viene a rompermi le palle in qualche modo, la mia reazione è repentina e brutale. Ma, in realtà, non sceglierei assolutamente “ateo” fra le parole atte a definirmi, per una serie di motivi. Soprattutto perché sono più vicino al noncognitivismo teologico (se non volete aprire il link, il TL:DR è “è inutile parlare di cose, come il concetto di dio, che sono prive di significato razionale”), anche se de facto questo si traduce effettivamente nel non credere a un cazzo nulla di sovrannaturale, dei, madonne, geovi e gesubbambini inclusi.

Posso capire, però, che qualcuno – per molteplici motivi – abbia bisogno di coltivare una qualche forma di spiritualità e di fede nel sovrannaturale. E a me va bene che lo faccia, posto che questo non lo porti a discriminare il prossimo, a negare diritti agli altri e più in generale a perdere la capacità di prendere decisioni logiche. Più che ateo, mi considero laicista, anzi, iper-laicista: non solo sostengo la completa indipendenza e autonomia dello stato nei confronti di qualsiasi confessione religiosa, ma rivendico anche per me, nel mio piccolo, il diritto che nessuno che crede in entità in cui io non credo venga a sfracellarmi i coglioni, né suonandomi il campanello, né suonandomi le campane, né dicendomi cosa fare, come farlo e perché giustificandosi candidamente con “il mio amico immaginario dice che è giusto così”. E intervengo su questioni che coinvolgono la religione e i credenti solo quando queste impattano sulla mia vita, quando si rendono protagonisti di reati, discriminazioni o abusi o quando mettono bocca sull’ordinamento dello Stato in cui vivo. Anche per coerenza, perché altrimenti farei come fanno alcuni credenti. la ragione non penso di averla sempre, ma sono fiero di usarla ogni volta.

Quindi: sono semmai anticlericale, o ancor meglio laicista e razionale, prima che “ateo”. Perché “ateo” vuol solo dire che la mia levetta “credi in qualche dio” è ferma su off. Ma non dice altro: un ateo può anche essere uno stronzo complottista che scippa le vecchie, un fascista omofobo che scoreggia in faccia ai bambini al parco, un ateo può essere uno scienziato senza scrupoli come Kinsey, un serial killer come Dahmer o un dittatore come Stalin. Per un periodo è stato ateo pure Povia, vi rendete conto? Se invece parliamo di essere razionali e ragionevoli, di essere laicisti e magari pure per la parità dei diritti per tutti, allora siamo già più d’accordo.

Questo è uno dei motivi per cui, normalmente, evito le pagine di “propaganda atea”: perché spesso ci trovo cose che non mi piacciono o con cui non sono d’accordo manco per il cazzo, e anche perché su molte di queste pagine per ogni battuta carina che leggo mi tocca leggerne almeno due che sono basate su argomenti fallaci o dati falsi. Che poi, voglio dire, fra defenestrazioni, lapidazioni, pulizie etniche, scandali finanziari, infibulazioni e pedofilia non è che ci sia bisogno di inventarsi roba contro le religioni “perché la storia del 25 dicembre è copiata”, direi che è un po’ come avercela con Hitler perché era un pittore mediocre.

Ma, ultimamente, c’è un altro problema: alcuni atei “attivisti” hanno, a mio modesto avviso, perso il lume della ragione almeno in ambito social network. Come? Diventando aggressivi e offensivi “a priori”.  Un caso su tutti: su un paio di pagine è comparsa la foto di un’attivista italiana del movimento “Allah Loves Equality” scattata durante il Bologna Pride. La ragazza ha una hijab arcobaleno e tiene un cartello multicolore con lo slogan della campagna.

Uno dei post lo vedete qui accanto. I volti li abbiamo oscurati noi, in originale erano scoperti, e il problema non è tanto il commento degli admin della pagina, né la battuta in sé, ché ognuno scherza un po’ sul cazzo che gli pare: il problema sono stati i commenti degli utenti, che hanno alternato un mix di insulti (“ipocrita”, “ritardata”, “idiota”, “bugiarda”) a frasi agghiaccianti, tipo “qualcuno ti farà saltare la testa” e “i musulmani dovrebbero lapidarti”. Pare che i commenti siano anche arrivati sulla bacheca della ragazza, che a mio modesto avviso è davvero una cosa oltre il limite del buon senso.

Ora, io sono il primo a considerare Allah Loves Equality un’iniziativa un po’ naïf. Un po’ perché penso che quando vai a parlare di “traduzioni errate” di un testo sacro stai implicitamente dicendo che tutto nella tua religione è interpretabile e nulla realmente attendibile, un po’ perché anche se fosse una corrente interna solida dubito che avrà mai i numeri per cambiare le cose, ma questo probabilmente è solo pessimismo. E comunque non vuol dire che un movimento islamico inclusivista e tollerante non possa fare la sua parte nel rendere un po’ meno “forte” l’ala più aggressiva dello stesso credo. E, ad ogni modo, essendo io non credente, finché Allah Loves Equality non viene a rompermi le palle, niente di quello che fa sono fatti miei.

Io so solo che l’iniziativa non fa male a nessuno, non dice a nessuno di rompere il cazzo agli altri, anzi: questo gruppo di persone stava manifestando a favore dei diritti di una minoranza; una minoranza, peraltro, largamente oppressa da molte religioni, inclusa la loro. Per dire, non ho mai visto dei cattolici fare la stessa cosa, ed esplicitamente in quanto talicontro la pedofilia ecclesiastica.

Ora, io non credo che l’ateo – di per sé – sia meglio di nessuno. Posso andare fiero della mia razionalità, dei miei ideali, non certo del mio non credere in qualcosa. Elevando la cosa al cubo, posso anche lottare perché la ragione prevalga sul pensiero magico, perché empatia e ragionevolezza sconfiggano odio e intolleranza, ma mi viene difficile pensare di voler combattere in nome di un non qualcosa.

Però, ecco, soprattutto se normalmente mi lamentassi di non avere gli stessi diritti degli altri, mi farei qualche domanda se mi trovassi a vomitare bile da una tastiera contro qualcuno che marciava perché una serie di diritti siano uguali per tutti. Se mi trovassi ad attaccare personalmente qualcuno che crede in qualcosa solo perché io non ci credo, anche se sta facendo qualcosa di buono. Se mi trovassi a insultarlo perché il mio non-dio è meglio del suo dio.

Minchia, ragazzi, va bene tutto, ma i talebatei no.

Diamoci, e alla svelta, una regolata.

[Marco Valtriani]

PS: ovviamente, e per fortuna, non sono mancate persone negli stessi gruppi “atei” o provenienti da ambienti laici che hanno cercato di moderare i toni, di far ragionare ‘sti mezzi matti e che hanno dimostrato solidarietà alla ragazza per gli insensati attacchi subiti. Mi piacerebbe sentire sempre più spesso la voce di queste persone, in modo da far capire a chi vuole usare l’ateismo come scusa per fare casino e rompere le palle “à la testimoni di geova’ che è in schiacciante minoranza.

3 risposte a "Quando l’ateo diventa talebateo."

  1. Vedi tu sei una persona rispettosa e perbene, per cui, che tu sia credente o meno rispetto a me, è ininfluente: per me, finchè rispetti le leggi, non imponi la tua idea (uguale o diversa alla mia) e non compi reati, sei una persona perbene sempre.
    Per questo ho piacere di leggere quello che scrivi e di seguire gli altri sul blog: posso a volte non essere d’accordo sulla visione generale che si ha della Fede, ma rispetto la vostra opinione, in virtù degli ottimi ragionamenti che fate su chi usa la mia Fede per scopi poco nobili e per chi commette reati e crimini a prescindere dal suo credo politico o religioso.

    Continuate così, servono critiche costruttive (e che facciano al contempo anche ridere XD)

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