Boia oh. Che titolone. Fantastico, vero? E perché ancora non sapevate il sottotitolo: “L’ho stato dell’arte”, ossia di come l’ignoranza salverà il mondo”. Ganzissimo. Comunque, si diceva.
Negli scorsi giorni si è discorso, fra le tante, innumerevoli, solite cose, della petizione dall’illuminato scopo di censurare un’opera d’arte: “Promuove la pedofilia”, l’accusa mossa contro il “Therese Dreaming” di Balthus, artista francese di origine polacca, esposta al Metropolitan Museum di New York.
Razionalmente, otto o diecimila firme su milioni e milioni di americani – e non solo – sono una caccola nel mare. Numericamente inoppugnabile. Ma di questi tempi, signora mia, è così che vanno le cose. Sono le “minoranze rumorose” ad avere risonanza mondiale, grazie a questi social che fungono da megafono con cui riversare quintali di merda nel sistema linfatico del pianeta.
Insomma. C’è questo gruppetto a stelle e strisce, questa tribù, questa “unità identitaria di base” che un giorno piglia e decide che un quadro promuoverebbe la pedofilia.
Per chi non conoscesse il quadro, eccolo:
Voi capite che dire una cosa del genere è come provare a insegnare la tabellina del quattro a un cinghiale. Cioè: uno, uno qualsiasi, io che scrivo, te che leggi, uno qualsiasi insomma. Uno va al New York Metropolitan Museum, e già questo potrebbe rappresentare una scrematura non definitiva ma opportuna fra persone normodotate e coglioni.
Va lì, si gusta e si immerge nei capolavori di Monet, Degas, Vermeer. Pure una Madonna con Bambino di Duccio di Buoninsegna. Poi uno arriva davanti all’opera di Balthus e BAM!, ecco il disastro. Questa persona che ci pareva tanto per bene, questo individuo che ci aveva illusi di essere un amante del bello, si trasforma. Un’occhiata a un quadro e BAM!, quello che esce dal MET è un redivivo Pacciani, a caccia di bambini inermi, che si catapulterà immediatamente fra asili nido e deep web alla ricerca di piccoli esseri umani da violentare, torturare, uccidere.
Il mitico Beppe Pulitzer diceva “portate alla luce del giorno questi segreti e rendeteli ridicoli agli occhi dell’opinione pubblica”. E il grandissimo scrittore filosofo Robert Arp nel suo Succhiare le palle e andare a farsi fottere – Introduzione al fastidioso South Park e la filosofia, sostiene che “la verità è che a coloro che pensano di avere la verità in tasca bisogna far abbassare la cresta. Dopotutto, la percezione che le persone hanno della verità non è altro che percezione, ed è giusto ridere di loro”.
Per cui, si potrebbe ironizzare un bel po’: non c’è roba più salutare di una vecchia, sana presa per il culo per smontare l’idiozia. Si potrebbe dire che andrebbe censurata, o di più, distrutta, la “Giuditta ed Oloferne” del Caravaggio perché promuove la decapitazione. Oppure si potrebbe pretendere la distruzione di tutte le copie di Lolita di Nabokov, per ovvi motivi. Per non parlare di musica satanica. E via dicendo, cose dette e ridette, tra nudi, atrocità, incubi e nefandezze che “sedicenti” artisti avrebbero avuto la mala ventura di gettare in pasto al mondo.
Voi direte che ma ehi, dove andremo a finire, ma a che livelli siamo arrivati eccetera. Leggete qua: “Avvenne che continovando fra Ieronimo le sue predicazioni, e gridando ogni giorno in pergamo che le pitture lascive e le musiche e i libri amorosi spesso inducono gli animi a cose mal fatte, fu persuaso che non era bene tenere in casa, dove son fanciulle, figure dipinte d’uomini e donne ignude; per il che riscaldati i popoli dal dir suo, il carnovale seguente, che era costume della città far sopra le piazze alcuni capannucci di stipa ed altre legne, e la sera del martedì per antico costume ardere queste con balli amorosi, dove presi per mano un uomo ed una donna giravano cantando intorno certe ballate, fe’ sì fra Ieronimo, che quel giorno si condusse a quel luogo tante pitture e sculture ignude, molte di mano di maestri eccellenti, e parimente libri, liuti, e canzonieri, che fu danno grandissimo, ma in particolare della pittura; dove Baccio portò tutto lo studio de’ disegni che egli aveva fatto degl’ignudi, e lo imitò anche Lorenzo di Credi e molti altri che avevan nome di piagnoni”.
Roba che fa accapponare la pelle, no? Ecco. Questo è ciò che successe a Firenze, secondo il racconto di Giorgio Vasari, nel 1497, col Falò delle Vanità per mani di Savonarola e dei suoi seguaci, definiti “Piagnoni”.
Ci sarebbero altri milioni di esempi da fare. Ma non c’ho voglia. Quello di cui invece ho voglia è dire: Dio benedica i Piagnoni di oggi e di domani. Dio salvi la loro ignoranza, la loro bigotteria, il loro oscurantismo, il loro rigorismo, il loro moralismo.
Vi siete mai chiesti a cosa serva l’arte? O meglio: vi siete mai chiesti SE serva l’arte? A me è capitato davanti alla Gioconda, o davanti alla Primavera del Botticelli. Bene, tutto bello: ma poi?
Ecco a cosa serve l’arte: l’arte non serve a un cazzo.
L’arte se ne sbatte i coglioni di servire a qualcosa.
Ed è proprio per questo che ci obbliga a osservare lei per guardare dentro noi stessi. Non ci racconta chi siamo; pretende che siamo noi stessi a farlo su noi stessi e per noi stessi. L’arte in generale è uno specchio, non un manuale, non un libretto di istruzioni.
Ed un po’ come quel detto, che la bellezza sta negli occhi di chi guarda, lo stesso vale per il male, per la merda più nera: anche la merda più nera sta negli occhi di chi guarda. Se guardiamo un quadro e ci vediamo dentro il male, quel male ci terrorizza perché è dentro di noi, nascosto da qualche parte. E allora meglio voltarsi dall’altra parte, meglio oscurare, censurare: meglio abbandonarsi e farsi scudo di un’ipocrita ignoranza.
Perché l’ignoranza salverà il mondo, dunque? Perché noi abbiamo bisogno di questa gente.
Noi abbiamo bisogno della loro ignoranza.
Noi abbiamo bisogno di sapere che esistono, e abbiamo bisogno di sapere che scrivono in modo sgrammaticato su facebook, che credono alle scie chimiche, ai danni dei vaccini, abbiamo bisogno di loro e sapete perché?
Per lo stesso motivo per cui loro hanno bisogno di noi: per sentirci migliori. Migliori di loro. Per definire in modo sempre più netto e consistente il divario tra un “noi” e un “loro” da appendersi sul petto come una stella a sei punte gialla, in ghetti sempre più tristi ed angusti che ci stiamo costruendo da soli, ognuno per conto suo.
La grande fortuna che abbiamo, e che forse non ci meritiamo del tutto come esseri umani che non imparano mai un cazzo dalla propria storia, la nostra immensa fortuna è che ogni tanto capita qualcuno, o qualcuna, che di tutte queste dinamiche se ne sbatte il cazzo. Ed è grazie al suo sbattersene il cazzo che tutti insieme, nessuno escluso, che ci piaccia o no, facciamo un passettino avanti. Ecco cos’è l’arte. Dai grandi filosofi a Gesù Cristo, dai pittori ai matematici, dagli scrittori ai falegnami.
Ci hanno preso per il collo e ci hanno piazzato davanti allo specchio, chiedendoci: “Questo? È questo che vuoi essere? SOLO questo?”. È l’ignoranza di questa gente il propellente di cui si ciba l’arte. Ed è su questa ignoranza che si fondano le residue speranze di ambizione intellettuale, sociale, umana. È la nostra ignoranza (quella di “loro”, e quella di “noi”) che salverà il mondo; perché fino al momento in cui ci sarà qualcuno da pigliare a schiaffi, sapremo di non essere tutti morti.
[Gianni Somigli]
Hai scritto una cosa simile a una che dico spesso, a chi vede la mano del diavolo ovunque: il diavolo è come la bellezza, sta soprattutto negli occhi di chi guarda.
Comunque, con certi criteri di pudicizia, non si salva nemmeno la Bibbia 😛
Qualche volta, per divertimento, sputo sul ritratto di mia madre