Fenomenologia del Sospensorio

 

L’altro giorno stavo parlando con un ragazzo. Indossava uno di quei cappellini un po’ strambi, di quelli che usano i ggiovani, essendo lui stesso ggiovane. Mi stava dicendo che voleva andare a vivere a Santa Cruz, questo ragazzo. Io ho sorriso ed annuito con insistenza, rispondendo: eh, ci credo, ci credo. Ho cercato di sottolineare il tutto con l’espressione di chi la sa lunga, del conoscitore del mondo e dei suoi peccati. Subito dopo la chiacchierata sono andato a vedere su Google dove cazzo sia, Santa Cruz. Speriamo che il ragazzo non legga questo pezzo, sai che figura di merda.

A parte questo, il ragazzo raccontava che se ne voleva andare e che però alla fine in Italia non è che si stia poi così di cacca come si sente dire. Lui, mi ha detto, si è fatto un gran culo. Ha bussato a molte porte. Nel giro di un mese ha trovato quattro o cinque lavori. Il lavoro non ti viene mica a cercarea casa, ha saggezzato lui, trasformandosi per un attimo nel portavoce ufficiale di decine di migliaia di genitori che hanno detto la stessa identica cosa a decine di migliaia di figlioli fancazzisti. E però, ha chiosato, si sa tutti cosa non va in Italia: la politica. Lasciamo perdere, va’, ha concluso.

Ancora una volta ho fatto ricorso ad un’espressione da uomo di mondo, per avvalorare la mia tesi: mah, senti, alla fine io penso che ognuno c’ha le sue magagne. Oddio, forse non sono stato così forbito. Ah, sì, non ho usato magagne, ma “cazzinculo”. Di fronte a questa ventata di relativismo, il ragazzo si è chetato, si è sistemato i capelli lunghi sotto il cappellino e se n’è andato da qualche altra parte. È in questo momento che ho preso il telefono e ho controllato. Santa Cruz è “il nome di diverse città, regioni e altri posti nel mondo”, dice Wiki. Poi sono io il relativista. Fanculo va’.

E però questo discorso un po’ mi ha fatto pensare. O meglio, ripensare. Noi, e per noi intendo gli italici in generale, facciamo l’opposto di ciò che gli umani in genere fanno. Sapete quella storia del vedere i bruscoli negli occhi degli altri ma non le travi nei propri? Ecco: noi viaggiamo al contrario.

Qualunque altro posto nel mondo pare sempre l’El Dorado. Ah, come vorrei vivere a Santa Cruz, una a caso; o in Korea, una a caso, o in Cina, in Australia, uuuuhhh come va l’Australia; USA, Mexico, perfino la stracazzo di Islanda è diventata una meta da sogno. Voglio dire, un posto da cui anche i vichinghi son scappati a gambe levate, con un governo che ha fatto fallire il paese pochi anni fa e tutto il resto.

Ovunque, ma non qui. Poco contano i Trump, i Kim, i dittatori, la fame, i nuovi schiavi; no, no. I cazzinculo degli altri son sempre innocui rispetto ai nostri.

Ovunque, ma non adesso: “Aaaahh, questa non è la mia epoca!!1!”, si sente spesso dire da chi, del resto, non sa praticamente un cazzo di storia. Gente che sarebbe voluta vivere sotto LVI, o nel Medioevo, o quando stracazzo gli pare. Ma non ora, perché “ora fa tutto schifo”. Difficile dar loro torto, in questo caso.

Ogni luogo ed ogni tempo hanno avuto, hanno ed avranno i loro pro e i loro contro. E grazie al cazzo, dirà un mitico collaboratore di Non si sevizia un paperino. E c’hai ragione. Una cosa, però, è per certo cambiata; ed anche se le categorie “migliore” e “peggiore” non mi fanno dormire la notte per la paura, mi verrebbe da dire che almeno una cosa, per certo, è peggiorata. Oggettivamente peggiorata.

Noi. Ed è del tutto evidente che la “politica” – cosa cazzo vorranno dire, poi, con “politica”, forse si riferiranno ai “politici” – faccia un po’ più schifo del passato. Perché siamo noi stessi a fare sempre un po’ più schifo. Giorno dopo giorno, un pochino di più.

Fino a non troppe generazioni fa i politici facevano politica portando avanti una qualche idea politica. E le persone “comuni” li sostenevano. Le persone o le idee, o tutt’e due. Le persone, insomma, erano sostenitori, dal latino “sub” e “tenere”, cioè tenere in alto, portare sopra di sé. Che immagine meravigliosa.

Un’immagine che oggi si fatica a rintracciare, appunto perché, insomma, si fa schifo. Le persone, le idee, la politica non sta più sopra a noi, ma dentro; il cittadino, l’uomo comune, l’uomo qualunque, il popolo, la gente, entità astratte ed inesistenti che improvvisamente si catapultano al vertice della piramide. Ma sempre facendo schifo. E l’uomo comune, pertanto, non è più un sostenitore, non porta più sopra di sé, ma al suo interno. Più che un sostenitore, insomma, è diventato un sospensorio. Da wiki: il sospensorio è uno speciale indumento intimo maschile consistente in un sacchetto elasticizzato atto a contenere i genitali. Insomma: siamo diventati contenitori di coglioni, pronti a proiettarli fuori di noi, tipo cielo stellato, ed è così che intendiamo essere rappresentati. Che vogliamo essere rappresentati.

Vogliamo, ho detto. Non: siamo costretti. Abbiamo deciso noi.

La domanda che più spesso mi sorge quando penso a questa roba qui, e non ci penso poi così spesso, o perlomeno, non penso più tanto spesso come una volta, è: perché?

Senza volersi rompere troppo i coglioni, si potrebbe quasi dire che se Popper e Nietzche ci avevano visto lungo, forse quello che è andato più vicino a spiegarci cosa saremmo diventati è stato Camus. Non tanto per un più o meno diretto invito al suicidio collettivo perché la vita magari non fa schifissimo ma non serve a nulla, quanto al meccanismo con cui affrontiamo il senso (o meglio, il non senso) del quotidiano.

Facendola breve il giusto, Albert Camus ha raccontato la vacuità del nostro passaggio sulla Terra in molti dei suoi scritti. Tra i più illuminanti c’è di certo il suo Sisifo, condannato dagli Dei a portare di peso un enorme masso in cima ad una montagna per poi vederla rotolare giù, e ricominciare tutto da capo, ora dopo ora, giorno dopo giorno, per sempre.

Per Camus, tale è la vita: un susseguirsi di pietroni portati in cima a una montagna senza alcun senso. Senza alcuno: scopo. Tuttavia, il filosofo parla di Sisifo come di un grande eroe: egli, infatti, accetta il suo destino per quello che è. In sostanza, nulla. Non cerca scopi, non cerca giustificazioni di alcun genere, macché: raggiunto lo stato di massima, eccelsa consapevolezza di sé, ecco che la visione diventa lucida. Secca. Appunto: eroica.

Volendo ribaltare il punto di vista, Camus parla di “sentimento dell’assurdo”: di fronte a eventi e accadimenti vari, l’essere umano desidera una spiegazione, un significato. Un ruolo svolto con successo dalle religioni, almeno prima che Nietzche decretasse la morte di Dio, lasciando il passo all’alienazione individuale ed al ricorso, per l’appunto, al sentimento dell’assurdo: di fronte a qualcosa, qualsiasi cosa, che non siamo in grado di comprendere o che ci pare così illogica, assurda, il nostro bisogno primordiale di trovare un senso ci spinge ad affidarci ad appigli qualsiasi.

Religioni, filosofie, storie, leggende. Idee politiche, grandi idee politiche, dottrine, soldi. Economia. Libri. Leader. Scie chimiche. Promesse. Maghi. Cartomanti. Sirene. Onestà. Mondi migliori. Siamo da sempre piccolissime schegge del cazzo, piccine piccine, infinitesimali, spaventate a morte non dalla morte ma dalla vita. E abbiamo sempre sostenuto chi ci offriva una lettura, una strada, una via: sostenuto, portato sopra a noi. E adesso che tutto è morto, politica religione cose nomi città animali, vaghiamo nel mondo e nel tempo alla ricerca di un modo per giustificare la nostra stessa presenza nel mondo. Solo che ci fa tutto schifo. Perché, definitivamente, siamo noi stessi a fare schifo a noi stessi; è quello che siamo diventati a spaventare chi siamo diventati.

Vogliamo concludere rubando quelle parole meravigliose di Hölderlin: “Solo i poeti fondano ciò che resta”. Che è una frase che non c’entra un cazzo con tutto il resto, pare. Ma forse no. Forse, anche no.

[Gianni Somigli]

 

3 risposte a "Fenomenologia del Sospensorio"

  1. Io lavoro con i gggiovani. E purtroppo anche, ogni tanto, con i loro genitori.
    Non mi ricordo che i miei genitori mi abbiano mai detto “Ma dove cazzo vuoi andare?” oppure “Oddio, non ti metterai mica nei casini?”, e tutta la gamma di reazioni che si colloca nell’intorno di queste frasi e atteggiamenti.
    Vorrei poter esplicitamente dire a questi figli di scappare di casa e di mettersi alla prova, ma non posso. Cerco di farglielo intuire.

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