Manifestazione fascista a Roma. Allarme dell’AMA: “non ce la facciamo”.
Certo una marcetta su Roma non si nega a nessuno e 1/2000 persone, per giunta ricche di ordine e disciplina, non sono poi molte. Ciò nonostante le truppe del sindaco Raggi non riescono a smaltire i rifiuti prodotti dalla popolazione capitolina.
Scusate, potrebbe sembrare che stia faziosamente tentando di confondervi, ma i due argomenti vivono di un legame più immediato di quanto potrebbe apparire.
Escludiamo di trattare le motivazioni della manifestazione, che probabilmente vede solo una scusa nella commemorazione di un paio di teppisti morti* in un periodo che intercorreva tra la strage di piazza Fontana e quella di Bologna, più meno nel periodo in cui quegli stessi ragazzi uscivano una sera sì e l’altra pure per accoltellare qualcuno troppo poco ordinato o disciplinato. Un periodo in cui c’erano troppi pochi stranieri e si era costretti ad odiarsi tra concittadini, un periodo in cui non andava forte Facebook e quindi toccava scendere per strada a rapire personalità e ammazzare cristiani.
Evitiamo di discutere delle motivazioni perché probabilmente l’aggregazione di oggi ha a che fare con quelle sbandierate solo per la cattiveria e la voglia di sottomettersi ai già più forti, sottomettendo i già più deboli.
Il legame tra la crisi umana di avere nostalgici di un’epoca violenta che non hanno vissuto e la crisi ambientale dell’incapacità di smaltire i rifiuti urbani, sta in in una parola: civiltà. O meglio, nell’assenza di essa. O meglio, nello spreco, di essa.
Questa sfilata di estimatissimi professionisti infatti lascia facilmente intuire la convinta esistenza di una popolazione retrograda, legata “ai valori e ai modi di una volta”, tipo di quando si gettava il piscio dalle finestre, di quando non ci si doveva preoccupare di dove lasciare cose come i figli o la macchina, di quando di certo non si proponeva questa cosa hipster (frocissima o metrosessuale) della raccolta differenziata.
Nel tempo intercorso tra quando c’era il fascismo e oggi abbiamo guadagnato un sacco di cose, come diritti e libertà, una migliore qualità della vita e una vita più lunga. Non per tutti, ma comunque meglio di prima. E soprattutto ci si è instradati in un percorso di pulizia dai pregiudizi dell’aspetto giuridico: nessun arresto per ebrei né per gente coi risvoltini, per dire. Ciò nonostante abbiamo oggi una quantità di persone (e a breve vedremo si tratti di una maggioranza) convinta che avremmo fatto meglio a restare come allora, convinta che questi cazzo d’immigrati debbano stare alle nostre regole, tradizioni, andare in chiesa, mentre noi parcheggiamo in doppia fila e se il vigile ci multa piantiamo un casino che bestemmiamo fino a quando l’amico degli uffici del gerarca non ce la fa togliere.
Eccoci, possiamo convincere chiunque che gli altri dovrebbero essere più precisi, più onesti, più ordinati, più disciplinati.
Ma non possiamo convincere nessuno di questi che “gli altri” dovrebbero essere loro.
Perché se tutti quelli che predicano così bene fossero gli stessi che camminano dieci metri in più per gettare la lattina nel secchione giusto, o che fanno un giro di palazzo in più per cercare parcheggio, o che separano l’etichetta dall’incarto prima di gettarla, oggi non avremmo quest’emergenza rifiuti.
E quasi sicuramente nemmeno l’altra.
Allora ben venga l’hipster, con la sua cazzo di bici elettrica, con il suo car sharing, con la sua barbetta saccente, con i suoi locali pieni di libri che finge di aver letto attraverso occhiali sovradimensionati, con il suo contegno quasi arrogante e la convivialità distaccata. Ben venga perché questo è il miglior tipo di “coatto” che possiamo avere, tanto più in questo esatto periodo storico, in cui anche i valori di chi sbandiera valori sono qualcosa meno di un rutto spezzato da un conato.
In questa città di pattume l’Hipster è la palazzina con la raccolta porta a porta.
Ognuno ha gli eroi che merita: qualcuno ha un paio di bulli morti ammazzati, qualcuno ha un sindaco che non combina un cazzo (di buono?), qualcuno avrà un trentenne barbuto che non getta cartacce per strada.
Personalmente, ogni volta che incontro qualcuno che non si comporti da perfetta testa di cazzo, lo immagino con un mantello e una sorridente bestemmia sul petto.
[D.C.]