‘Questo è il Prestigioso Numero dello Gnomo Purpureo
Sdogana la volgarità senz’intaccare classe e personalità
Con il Prestigioso Numero dello Gnomo Purpureo
Puoi sgominare ogni agonista, bandendo i dogmi della società’
(Elton Novara – Il Prestigioso Numero dello Gnomo Purpureo)
Gene Gnocchi fa una battuta brutta. Potrebbe essere l’incipit di un articolo della rubrica “E Grazie al Cazzo!”, e invece no, è davvero successo che la gente ha commentato la battuta, indignandosi per questo o per quel dettaglio. Gnocchi ha ipotizzato che la Meloni, dato che continua a pubblicare foto del maiale in giro per Roma, sia la proprietaria dell’animale, il cui nome sarebbe “Claretta Petacci”. Lo sdegno generale è uno specchio dei tempi che viviamo: mai vista tanta indignazione per un’offesa, pur pesante, rivolta a un maiale.
Sto scherzando. Ovviamente. Come, del resto, stava facendo Gene Gnocchi. Che, non me ne voglia, ma l’ho sempre considerato un comico mediocre e un comico satirico ancor peggiore: per evitare qualsiasi polemica e fare una battuta anche migliore di quella sulla Petacci e sulla maiala sarebbe bastato dire “la Meloni continua a pubblicare foto del maiale, lo fa perché è suo, anzi, se qualcuno volesse provare a recuperarlo risponde al nome di Benito”. Oplà. E senza dire neanche una volta “a testa in giù”.
A commento della vicenda ho letto un po’ di tutto. Dagli pseudo-alt-right italiani dire che la battuta è infelice quanto quelle su Anna Frank. A nugoli di decerebrati che la paragonano a Salvini che mostra una bambola gonfiabile della Boldrini. Ai radical chic che dicono che comunque è di cattivo gusto. A chi dice che questa non è satira.
“Get up, open your eyes, you’re just like everyone
You waste all your time faking your smiles
Wake up, look at your life, you starting to fuck mine
Here is my good fight: get the fuck out’
(Chunk! No, Captain Chunk! – ‘Haters Gonna Hate’)
Allora, mettiamo qualche puntino sulle i.
Innanzitutto no, Clara Petacci non è Anna Frank. Perché la seconda era una ragazzina, vittima dei nazisti, mentre la Petacci era una donna adulta, in grado di scegliere (tanto che rifiutò di fuggire in Spagna coi parenti per seguire Mussolini). Ha scelto di essere una delle molte amanti di un dittatore, ha voluto seguirlo fino alla fine ed è morta al suo fianco. Posso ammirarne il coraggio, il desiderio d’abnegazione per l’amato, posso essere d’accordo che la sua morte non fosse necessaria, ma a conti fatti è stata una donna che ha amato e seguito un feroce, sanguinario dittatore responsabile di milioni di morti ed è stata fucilata insieme a lui. Vedete la differenza, vero?
Posso fare una battuta sul fatto che l’alibi di Pistorius non ha retto perché le bugie hanno le gambe corte, non posso fare una battuta analoga su Bebe Vio che abbia la stessa efficacia. Perché sebbene siano entrambi privi di svariati arti, Pistorius è un assassino, mentre Bebe Vio è un’atleta, decisamente incensurata, e anzi impegnata anche nel sociale.
Punto due: la battuta (per quanto gratuita, bruttina, senza ritmo né sostanza) di Gene Gnocchi è su Giorgia Meloni, non su Clara Petacci. Gnocchi ha banalmente detto che la Meloni è una fan del duce. Cosa che, peraltro, non sono neanche sicuro sia così vera. Clara Petacci è il mezzo con cui Gnocchi dà della fascista alla Meloni.
Le battute hanno sempre un bersaglio e un contesto: se dico che Adinolfi ha chiamato il cane Totò, perché alla fine se c’era una cosa che Riina rispettava era la famiglia, sto facendo una battuta su quanto è scemo Adinolfi (e sul suo recente scivolone su Dolores O’Riordan), non su Riina. Che rimaneva comunque un mafioso di merda ma, davvero, in quella battuta non sto parlando di lui.
“When peace is just another word for death
It’s our turn to give violence a chance!”
(G.L.O.S.S. – Give Violence A Chance)
* o, quantomeno, è quello che spero per Gene Gnocchi.
Il problema è anche nel fare satira quantitativa, la satira come prodotto, anzi, come servizio che deve essere erogabile lì per lì quando c’è la scadenza.
E a volte esce quel che esce, perché qualcosa deve uscire, anche se fa cagare e/o non funziona. Anche se, pur sapendolo, si dà l’opportunità a qualche categoria di repressi di attaccare e sfogarsi.
E’ molto triste dover fare ridere per forza. Neanche i clowns.
Bell’articolo. Un appunto,. per quanto riguarda Adinolfi, la cantonata l’ha presa Blitz. La O’Riordan in più di un’intervista ha affermato che la canzone parlava di qualto le mancasse l’affetto di una famiglia quando ne era lontana.