Una domanda sui migranti da fare a Matteo Salvini.

C’è una domanda in queste prime settimane di governo, e in particolare di azione di Salvini, laddove per azione si intendono nell’ordine: minacce a stati esteri, minacce a capi di stato esteri, minacce a persone in pericolo di vita, minacce a giornalisti con la scorta, ebbene, al netto di questa atmosfera calma e rilassata la cui brezza soffia dalle calde fauci pelose del titolare del Viminale che da poco ha smesso di fumare, e viene da dire che n’eravamo accorti tutti, c’è una domanda, dicevo, che aleggia fra i commentatori politici, a proposito della strategia del Presidente del Consiglio sulla migrazione. Niente refusi, parliamo di Salvini, ovviamente. Ma non è in contraddizione, ci si chiede, Salvini, quando stringe amicizia con Orban che chiude le frontiere e al contempo chiede all’Europa nuovi regolamenti che redistribuiscano i rifugiati su tutti gli Stati?



Questa la domanda, posta con alzata di sopracciglia come a destare una minima attenzione, una reaction facciale di minimo spavento, che poi si esaurisce puntualmente in un’alzata di spalle, come a dire: chi lo sa dove ci porta questo pazzo tizio in questo pazzo mondo? Ma noi d’altronde cosa ne vogliamo sapere, staremo a vedere. Questa domanda spunta fuori puntuale ad ogni trasmissione in cui si parla di Salvini. E se ne parla perché c’è appena stato come ospite, ma nessuno gli ha posto la domanda, oppure perché poco dopo arriverà come ospite, ma nessuno gliela porrà comunque, oppure ancora perché si riportano ossessivamente le provocazioni dirigiste e autoritarie con cui ha deciso di puntellare ogni stracazzo di giorno in cui il Sole decide di splendere su questo mondo, in cui c’è un piccolo paese in preda ad un isterico cambiamento turbonazionalista.

Ora, visto che non lo farà lui e non lo hanno ancora fatto gli altri, proviamo a rispondere noi a questa domanda. Facciamo un gioco di astrazione: chi sono i più vicini partner extraeuropei dichiarati di questo Governo, e in particolare di Salvini? Putin e Trump. Uno sta patendo da anni un embargo da parte dell’Europa e l’altro ci ha appena inaugurato una guerra commerciale. Ma forse non basta questo per comprendere appieno.

Chi sono, invece, i suoi partner europei? Viktor Orban, Marine Le Pen, Nigel Farage. Il primo guida la ghenga del cosiddetto Gruppo di Visegrad che in sostanza vuole portare la tipica allegria delle Repubbliche Socialiste Sovietiche a Bruxelles, la seconda vuole trascinare la nazione nata sul motto Liberté, Egalité, Fraternité a diventare uno spietato regime oscurantista, il terzo, molto più semplicemente, attraverso una campagna elettorale basata su dichiarate menzogne, ha portato la placida Albione ad abbandonare i benefici dell’area del mercato unico europeo attraverso un singolo voto un giorno di Giugno di ormai qualche anno fa. A questo punto dovrebbero cominciare a diradarsi le nebbie.

Ma continuiamo chiedendoci: chi sono gli italiani su cui ha investito maggiormente in termini politici? Paolo Savona, Alberto Bagnai e Claudio Borghi, quello che nelle idee originali doveva costituire il tridente d’attacco del Ministero dell’Economia, ovvero: un tecnico ostracizzato da mezzo mondo perché ultimamente scrive cose tipo lasciare l’Euro di notte a mercati chiusi chiedendo alla Zecca dello Stato di riaprire in venti minuti e stampare monete come se non ci fosse un domani, che infatti non ci sarebbe, accompagnato da due aspiranti allibratori che alla maniera del Gatto e la Volpe tampinano palinsesti televisivi da anni a dire che sotterrando diecimila lire sotto una spalata di letame si farà crescere come per magia l’albero del Prodotto Interno Lordo. Dai adesso ci siamo, vero? Avete capito tutti qual è il punto, vero? A cosa serve questa strategia sulla migrazione, l’avete capito?

Forse no, beh, ultimo aiutino, vi rinfresco la memoria, giusto per ricordarvi che alle ultime Elezioni Europee il partito di Matteo Salvini ha partecipato presentandosi con questo vagamente allusivo simbolo qui:

Ora, se non l’avete capito ancora lo scrivo chiaro e tondo, semplice, come se lo dovessi spiegare a un grilloleghista: la strategia di Salvini sull’immigrazione è un pressing sull’Europa che ha come scopo principale quello di mettere il più possibile gli Stati gli uni contro gli altri, in parole povere sabotare l’Europa, per poterne più facilmente uscire e tentare poi di ottenere per l’Italia una posizione da svincolato stato canaglia che si possa muovere a briglia sciolta fra Europa, Usa, Russia, Medio Oriente, Africa e Asia. Un piano buono se sei un idiota, perfetto se sei un affarista mafioso, ancora migliore se sei Matteo Salvini.

[Franco Sardo]

 

2 risposte a "Una domanda sui migranti da fare a Matteo Salvini."

  1. Tutto questo discorso potrebbe avere senso se Salvini fosse il leader astuto di un paese indipendente, mentre invece è il leader scemo di un paese che non conta niente (e visto il livello dell’italiano del 2018, questo è un bene). In realtà sai cosa succederà?
    Bravo, hai indovinato: una sega nulla. L’Italia è e rimarrà un paese sotto occupazione militare americana, è e rimarrà un paese fortemente indebitato in Europa, con una struttura economica relativamente diversificata ma incapace di rinnovarsi. La Russia non è a livello degli americani, ma è pur sempre una potenza mondiale, e continuerà a comprare macchine e lavatrici tedesche, ma non riprenderà a comprare il parmigiano e il Tavernello continuerà a costare dieci euro a cartone al supermercato (mentre i vini crimeani e georgiani costano molto meno: te lo dico perché ci vivo). L’economia russa procederà tranquilla, quella europea un po’ meno, dal momento che gli USA hanno messo i dazi anche sui prodotti europei, gli immigrati continueranno ad arrivare per raccattare i pomodori a due euro l’ora e gli italiani continueranno ad andare in paesi europei più sviluppati per lavare i piatti.
    Tutto quello che potrà cambiare verrà deciso in una guerra mondiale tra USA, Russia e Cina, ma sicuramente non in Italia e non da Salvini. O rivincono gli americani oppure arriveranno i cinesi e diremo loro in confidenza che gli americani ci sono sempre stati sul cazzo e che aspettavamo loro che ci liberassero, le basi militari si chiameranno Chin Chun Chan invece che Camp Darby, continueremo a evadere e a pagare il pizzo e troveremo qualche altro gruppo di poveracci a cui dare la colpa di tutto questo, perché siamo un paese che non conta una sega in una UE che non conta una sega, parte di un Occidente che si appresta a non contare più una sega, come è giusto che sia.

    1. Beh, del “giogo” americano è difficile liberarsi se in Europa valiamo come il due di picche.
      In questi giorni si sta discutendo della formazione dell’esercito europeo: la Francia è la più “partecipe”, seguita dalla quasi totalità degli altri stati, Regno Unito compreso (nonostante la brexit). Indovina perché ho detto “quasi totalità”? Perché manca qualcuno: noi. Tutto il lavoro fatto in questo senso da Minniti – che, lo ripeto per chi non se lo ricordasse, a me NON piace manco per il cazzo – sta per essere buttato a mare perché Salvini evidentemente non è d’accordo.
      Yippee ki-yay, come dicono gli americani.

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