Davvero, io non so più da che parte prendervi.
La capisco, la delusione degli elettori di Sinistra, di non sentirsi più rappresentati da nessuno, ci sono in mezzo anch’io.
Ma io, con gli anni ho imparato a capirlo e accettarlo, ho una malsana e masochistica passione per i cavalli perdenti: voto a sinistra, tifo per la Roma, la squadra con la tifoseria più rosicona e autolesionista possibile, mi piacciono gli album minori delle band, quelli col cantante o il chitarrista diversi da quelli storici; il bello è che cerco di affrancarmi da questa mentalità, perché la trovo sotto sotto patetica.
Ma visto che il calcio è fede, e la musica è gusto personale, cerco almeno di pensare al mio voto, anzi, al mio atteggiamento mentale nei confronti del voto.
L’ho scritto l’ultima volta, abbiamo perso una battaglia culturale grandissima, e il bello è che pensiamo di poter competere con quegli altri sul loro stesso terreno, ad armi pari.
Da tempo penso che la politica in Italia sia ridotta a tifo calcistico, e questo spiegherebbe lo sfottò continuo ad avversari e oppositori vari, specie quando sconfitti. E se le fazioni che più di ogni altra sono entrati nella logica calcistica applicata alla vita quotidiana grazie anche ai loro rispettivi leader, bravissimi a sbraitare slogan e cavalcare e direzionare così il proprio elettorato, se grillini e leghisti hanno unito le forze per un orrido mostro governativo solo teoricamente a due teste, è ovvio che il livello della vita politica, specie sui social, è decisamente schiacciato verso il basso.
Salvini comunica per hashtag, e voi continuate a considerarlo un troglodita.
Salvini parla alla pancia della gente, con frasi di poche righe, e voi vi producete in pistolotti lunghissimi degni del peggiore neodiplomato al liceo classico che vuole far vedere a tutti i costi di saper utilizzare i paroloni senza capirne il significato, pistolotti che chi la pensa come voi si stanca di leggere dopo poche frasi, figuriamoci quelli che vi scrivono “ROSICA” come commento, o i più abili, quelli che riescono addirittura a commentare con l’immagine di una confezione di Maalox. Che due volte su tre l’immagine sia uno screenshot non ritagliato della ricerca immagini di Google fatto col cellulare è un altro discorso, ovviamente.
Vi crogiolate nella vostra superiorità presunta, e nella vostra malcelata insoddisfazione, predicando rivoluzione sui social nella maniera più infervorata e contemporaneamente stanca possibile, un atteggiamento talmente paradossale da suscitarmi quasi ammirazione.
Poi è successo.
Io sono persino stato abbonato per un anno, a Rolling Stone. Non è stata una mia scelta, ero abbonato a L’Internazionale e il gruppo editoriale, che era lo stesso, decise di regalarmi tre numeri di una rivista a mia scelta, e tra Grazia, Gente e Giardinaggio Futuro la mia scelta si è posata su quella rivista mitica ma nuova per l’Italia, tre numeri che poi mi hanno arbitrariamente aumentato a dodici, perché forse gli ero simpatico. Del resto ci scriveva Luttazzi, le foto erano belle, bellissime, e non lo pagavo.
Poi i servizi sulla X Mas, su Licio Gelli, l’intervista a Carlo Rossella con la conseguente fuoriuscita di Luttazzi, era ovvio che non avrei rinnovato l’abbonamento.
L’ho sempre guardata con poco rispetto, Rolling Stone Italia, senza seguirne troppo le vicissitudini, se non con biasimo quando persino Selvaggia Lucarelli è entrata a farne parte, pur uscendone poco dopo.
E anche Massimo Coppola, l’attuale Direttore, non mi è mai stato simpatico, sin dai tempi in cui era su MTV, e anche lui non l’ho praticamente più seguito da allora.
Ma se per una volta una rivista che non amo, diretta da un autore che non amo, lancia uno slogan efficace, sintetico, inequivocabile, beh, lasciatemi applaudire.
Noi non stiamo con Salvini.
È bellissimo, non lascia spazio a dubbi, a interpretazioni, non c’è un ma, un asterisco, una precisazione, è semplicemente una dichiarazione, chiara e diretta. Noi non stiamo con Salvini. Non siamo d’accordo con lui, politicamente e umanamente. Non ci piace, non lo votiamo, non lo appoggiamo, non lo vogliamo.
Una dichiarazione appoggiata da artisti, cantanti, registi, rapper, attori, personaggi televisivi, cazzo, s’è schierato persino Fazio, io lo odio Fazio perché è viscido e sfuggente, invece persino lui stavolta ha preso posizione.
E invece no.
È orrendo che persino io che odio questo termine, debba essere d’accordo con chi vi chiama radical chic.
L’hanno fatto per vendere di più. Anche se fosse? A parte che è da dimostrare che i lettori di Rolling Stone siano di sinistra, e quindi potrebbe essere una mossa che ti fa vendere più copie di un numero per poi crollare subito dopo, ma ammettiamo che sia davvero un’operazione anche di marketing. Che male c’è? È una rivista, si vende, e se vende dando un messaggio che condivido, ben venga. Anche i calendari col Duce si vendono, del resto.
C’hanno buttato dentro Mentana che ha già smentito. Vero, verissimo. Onestamente io preferisco stare dalla parte di Max Collini, di Vasco Brondi, di Tommaso Paradiso, dei Tre Allegri Ragazzi Morti, dalla parte di Fazio, pensate!, anche solo per aver detto esplicitamente di non stare con Salvini. Preferite stare dalla parte di Mentana che si premura di smentire subito? Fate pure. Poi che la mossa di Coppola non sia correttissima è vero, ma ci passo su.
Mi sta sul cazzo Brondi/Saviano/Fazio/Mannoia/Paradiso. E allora? Anche a me non piacciono molti dei firmatari, artisticamente, così come non mi piace Rolling Stone, l’ho scritto chiaramente più volte. Ciò mi impedisce di condividere un messaggio in cui mi riconosco? No. Non a me. Ma magari voi volete Rita Pavone, Jerry Calà e Lino Banfi.
La verità, amici miei, è che non vi va bene un cazzo.
Se uno fa una cosa non va bene.
Se non la fa non va bene.
Se non si schiera non va bene.
Se si schiera non va bene.
E date ancora la colpa alle strategie comunicative del PD se l’Italia ha votato a destra, quando siete ciechi e sordi a qualunque cosa che non venga da voi o che perlomeno non solletichi il vostro ego, con l’aggravante che siete seduti in poltrona a non fare un cazzo.
Allora per una volta provateci, provate a dire Io non sto con Salvini. È facile, bello, condivisibile, liberatorio.
Sapete chi ha criticato quest’iniziativa, tra l’altro con la trita retorica del cuore a sinistra portafogli a destra accoglieteli voi nelle vostre megaville, la stessa retorica che ormai ognuno di noi sa smontare con una formuletta imparata a memoria sul pagare le tasse? Salvini. Proprio Matteo Salvini. E voi state con Salvini o siete contro Salvini?
Io non sto con Salvini, a prescindere da chi ha lanciato questa frase.
Provate a dirlo anche voi. Io non sto con Salvini. Non vi fa sentire meglio? Anche se siete di destra ma non siete xenofobi, razzisti e imbecilli, anche se avete votato M5S e siete rimasti delusi dall’alleanza con la Lega: Io non sto con Salvini. È facile.
Io non sto con Salvini.
[E.P.]
Be’, io non sto con Salvini. 🙂
Grazie!
A me va bene tutto, nel senso che se uno sente l’esigenza imprescindibile di dichiarare che “non sta con Salvini” fa bene a farlo, e magari serve anche a qualcosa, eticamente intendo.
Però… perché uno si trova nella situazione di doverlo esplicitare? Forse dava adito a dubbi, essendo personaggio pubblico? Io, che non sono nessuno, insieme a tanti altri nessuno come me, anche senza dirlo, non sto/non stiamo con Salvini. E’ talmente ovvio che non c’è bisogno di dirlo. Lo dice già quello che facciamo, diciamo, pensiamo, scegliamo ogni giorno, tutti i giorni. Non è più ampiamente condiviso? E pazienza. Dobbiamo rifugiarci in un universo parallelo? E va bene.
Io/noi non è che ci facciamo condizionare da un Salvini qualunque per decidere cosa è giusto e cosa non lo è. Io continuo a fare quello che facevo prima, come prima, cercando nel mio piccolo di mettere una pezza allo schifo.
Salvini non è l’ondata di merda, è solo quello che ci fa surf sopra. Anche i migliori surfisti cadono.
Io non sto con Salvini. Ancora critico orgogliosamente la politica comunicativa del PD, che ha consegnato l’Italia a questo governo, ma non sto con il PD.
Soprattutto non sto con chi oppone muro contro muro, non sto con chi fa sparate a cazzo di cane per raccogliere 4 consensi e 2 percentuali – e considera subumani quelli che non la pensano come lui. Non dico che non lo possano essere (ahinoi), ma che non è il modo che credo sia giusto di impostare un discorso, nemmeno con gli avversari politici, perché si diventa ciechi e sordi a qualsiasi cosa provenga dall’esterno. D’altronde c’è già il m5s per questo, no?
Io non sto con Salvini.
Per quanto ne so potrei non stare manco con Rolling Stones, come rivista, visto che non l’ho letta mai, ma in questo caso l’appoggio in pieno.
Attenzione, però: non vorrei che ci fosse un po’ troppa semplificazione.
Non c’è niente di male a elevare il discorso un po’ sopra l’hashtag e lo slogan (e quello di Rolling Stone è uno slogan), niente di male a tenere separati nelle istanze e nei modi figure istituzionali quali politici e star.
L’ultimo che ha parlato di una sinistra fallita che “parla troppo difficile”, arrivando al congresso del suo partito in Vespa, tenendo il Mac in bella vista sulla scrivania e esibendo un inutilissimo microfono alla Elvis è stato un tale Matteo Renzi (http://gilioli.blogautore.espresso.repubblica.it/2013/10/28/i-tre-elementi-di-matteo-renzi/).
E abbiamo visto com’è andata a finire.
E’ possibile che un discorso progressista (in termini di progresso sociale prima che del progresso tecnologico delle startup e dell’industria quattropuntozzero con cui si è tentato di sostituirlo) dopotutto non si possa esaurire in un paio di tweet o nel clickbait di Repubblicapuntoittì, e che diluirlo a tutti i costi possa rivelarsi addirittura subottimo.
Per quanto io sia contento che a tutti quei nomi che non ho mai sentito stia nel culo Salvini, devo essere critico della manovra editoriale.
Mi ricorda troppo da vicino le star di Hollywood che sostengono il Partito Democratico americano, e qualunque cosa tesa ad avvicinare ulteriormente i toni e i modi del discorso pubblico a quello americano non la posso vedere di buon occhio – (al netto di altre ovvie considerazioni, non è un terreno fertile per un discorso di sinistra, come dimostra la vittoria di Donald Trump).
Il titolo “noi non stiamo con Salvini” poteva essere sostituito con “Le star della canzone dicono no” o qualcosa del genere, qualcosa che non contribuisse alla ulteriore e sfiancante personalizzazione della politica, che altresì sfavorevole per tutti meno che Salvini stesso.
La bandierina arcobaleno, lo slogan, l’hashtag… stessa cosa.
Sembra tutto creato ad arte per sollecitare l’ennesima “mob” (non mi viene un italiano equivalente) su Twitter.
Mi pare ossia che alimenti, anzichè spegnere, la decerebratezza soscial e la divisione calcistica che va a beneficio di…
[tuono in lontananza]
…Salvini.