Anche un orologio rotto…

Le attuali norme per il divorzio potrebbero non essere la soluzione migliore.

A metterle in discussione proprio il governo col maggior tasso produttivo di meme della storia italiana dalla fondazione della Repubblica.

Messo da parte il vessillo del “si stava meglio quando si stava peggio“, mal protetto dai cavalieri del “prima del 1970 non c’era nessun problema coi divorzi“, il governo di questa destra ubriaca, forse per porre rimedio alle conseguenze di bizzarre serate alcoliche, ha deciso che l’attuale legge italiana sul divorzio fa acqua da troppe parti, soprattutto dalle tasche dei coniugi più abbienti.

Perché affrontare ora l’argomento? Io non sono un divorzista, né un avvocato, né tanto meno sposato, ergo, secondo le convenzioni sulla coerenza papale, sono potenzialmente una delle prime persone da interpellare sull’argomento. Ammetterò che eccetto me nella mia famiglia sono tutti divorziati, il che mi rende esperto dell’argomento quanto essere il figlio di Schumacher mi renderebbe un esperto meccanico, ma nonostante ciò tenterò di avere un approccio imparziale sull’argomento.

Il tema sembra uno di quelli che, soprattutto oggi, potrebbe svanire sotto il vento esotico del buon senso; ma se fosse così semplice probabilmente non mi ritroverei a scrivere su questo blog del cazzo, né voi a leggerlo. Quindi così come regolamentiamo la velocità massima delle carrozzine elettriche*, possiamo serenamente provare a discutere le norme riguardanti il divorzio.

Potrei partire indicando il matrimonio come radice del problema, ma non vorrei sembrare filologicamente pedissequo, e chi sono io per giudicare chi voglia firmare un contratto che prevede esiti nefandi in caso di rottura? Certo potrei essere qualcuno che si risente per la necessità di tale contratto al fine di avere accesso a una serie di diritti essenziali, e potrei dire che la leggerezza con cui si richiede la stipulazione di questo contratto non corrisponde alla leggerezza con cui si permette di redigerlo o di scioglierlo. Ma non sarei mai così banale e meschino da affondare il dito nella piaga di uno Stato un po’ distante dalla situazione reale e dai diversi contesti che la realtà stessa presenta.

Quello che posso fare è provare a restringere i problemi generali legati al divorzio in due categorie, che poi sono le stesse di cui ha sofferto Califano: economici e affettivi.

Soldi, assegni, mantenimento del tenore di vita, alimenti per la sussistenza, versamenti per i figli, la casa… La necessaria tutela del coniuge che la coppia ha deciso di tenere in panchina si scontra spesso con una rivelata inadeguatezza nell’organizzazione familiare, così il senso di ingiustizia quando arriva il momento del “ti levo pure le mutande che indossi” rischia di scalfire superficialmente il rapporto così come i cd hanno scalfito superficialmente il nostro rapporto con i vhs.

Figli, figliastri, cani, gatti e altri oggetti di valore affettivo come piscine, quadri e statue d’oro massiccio, sono l’altro elemento di frizione nel momento della separazione. Ma come tenere unito ciò che unisce quel che si separa? Ovvero: a chi vuoi più bene, a genitore 1 o alla mamma inviperita?

Ora il governo tenta una soluzione salomonica con un affidamento paritetico, con un mediatore a pagamento che possa vegliare sulla correttezza di tale divisione nel rispetto delle esigenze del minore e dei minorati che l’hanno concepito senza essere in grado nemmeno di mettere da parte un minimo dei propri interessi in favore di quelli del proprio figlio.

Inoltre revisiona il concetto di “mantenimento del tenore di vita” con un approccio tipo “stocazzo”, sostenendo che il tenore di vita acquisito attraverso il matrimonio non sia un diritto che debba sopravvivere al matrimonio stesso. Probabile che i sostenitori della famiglia tradizionale inizino a sentire il peso di averne due o tre, eppure il concetto non sembra malum in se.

Ma ci sono casi e casi. Mia madre ottenne casa, soldi e affidamento del minore nonostante una denuncia per aggressione a proprio carico. Vinse in scioltezza il “vuoi più bene a papà o a quella che ti compra tutto quello che vuoi?”, e durante la causa calcò tanto la mano nelle dichiarazioni che il giudice per calmarsi dovette vedere due volte Il Silenzio degli Innocenti. Convinse la minore affidatale a fare lo stesso, prendendo spunto per lo più dalle prime stagioni di Law and Order Unità Vittime Speciali, al quale il giudice stesso dovette fare ricorso per comprendere la maggior parte dei termini usati.
Fortunatamente la sentenza era prestampata sul biglietto della metro con cui hanno spedito me e mio padre a fanculo, dove ho dovuto quindi raggiungerlo a piedi.
Mio padre pensò che lavorare per stare in mezzo a una strada pagando quattro quinti di un modesto stipendio in assegni, perdendo per giunta una figlia, non fosse la soluzione più equa, ma d’altra parte non è un giudice, quindi che può saperne. In compenso tutte le gravissime accuse ricevute non si tradussero in reali denunce o processi, bensì solo in un assegno più alto da staccare all’ex moglie. Vi spiegherei il perché, ma nemmeno io sono un giudice.

Nel frattempo la stronza, finalmente libera di accompagnarsi con l’amante dalla figlia figlia divorzista, lavorava volontariamente in nero e intascava tutto il possibile, lasciando languire la minore tra ignoranza e obesità.
Nulla che la piccola infame non meritasse, ma da affidataria, in quanto ad educazione ed esempio, la madre mantiene gran parte del merito.

Ci sono casi e casi. Qualcuno ha comprato casa alla ex moglie accanto alla propria per crescere il figlio il più congiuntamente possibile, ammesso che sia necessario; qualcuno che tenta di avere i migliori rapporti possibili perché… perché è semplicemente la migliore cazzo di cosa da fare, se si ha qualcosa da portare avanti insieme, che sia una ditta da gestire o un figlio da crescere.

Ci sono casi in cui il matrimonio è d’interesse e il contratto dista dalla truffa quanto i video di breastfeeding dal porno, e ci sono casi in cui ci si organizza talmente bene che alla fine del rapporto ci sono meno discussioni che in un fight club di masochisti.

Ci sono casi, e vanno valutati. Soprattutto in anticipo, soprattutto dai diretti interessati.

In questo lo Stato deve fare la sua parte, e qualcosa, con la velocità di Schumacher, si sta muovendo. Prima le mezze unioni civili e ora il mezzo ritocco della legge sul divorzio, distanti dal giusto nelle une e nell’altro, ma comunque nell’idea generale che qualcosa si debba fare, per evitare di avere famiglie zoppe di diritti perché troppo accorte per cedere al ricatto di un contratto folle o perché vittime dello stesso.

Questo governo del cambiamento, che al momento ha cambiato solo la mia percezione delle persone che mi circondano, riducendo drasticamente l’utilizzo della frase “in fondo è una brava persona”, potrebbe ‘stavolta non solo farne una, ma persino farne una quasi giusta.
Come si dice: “anche un orologio rotto due volte al giorno segna l’ora esatta.”.

Solo che questo potrebbe essere digitale.

[D.C.]

 

*6 Km/h

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