Salvini dichiara di voler cambiare l’Europa, il M5S non ha ancora capito a cosa serva, ma il cambiamento è cambiamento.
In Europa come in italia: “andiamo lì e cambiamo tutto”. Per fortuna lì non sono costretti a governare nemmeno se eletti, altrimenti farebbero come in Italia.
Un po’ come in Tom e Jerry questi “oppositori” vivono la loro fortuna grazie alla costante presenza del loro acerrimo nemico: le persone normodotate che gestiscono le istituzioni. D’altro canto però, in fin dei conti, anche questi ultimi non sembrano proprio voler eliminare tali “rivoluzionari”.
Un sistema che ha sempre funzionato rendendo a ciascuno il proprio ruolo e a ciascuno il proprio vantaggio. Questo fin quando non si sono sbilanciati un po’ troppo finendo per convincere il volubile popolo, che dal raggiungimento della serenità economica al momento di crisi ha sempre cercato “quel qualcosa di speciale”, generalmente una scorciatoia, una guarigione senza medicina, uno stipendio senza lavorare.
Ora che si sono invertiti i ruoli, pare che nessuno sappia stare al proprio posto, i partiti moderati fanno opposizione come i vecchi si oppongono alla pioggia, borbottando bestemmie censurate dalla sedia di paglia dietro la finestra, e i partiti estremisti governano come adolescenti durante l’occupazione scolastica, promettendo rivoluzione, promozioni per tutti e sesso nei bagni, ma nel frattempo l’unica cosa che fanno è continuare a manifestare e lamentarsi come se non fossero in condizione di governare.
Come se.
In effetti, sarebbe più esatto dire “come se non fossero in grado”.
In questo exploit populista che vede nell’attuale governo la crasi ideale, cieca rabbia e dominante ignoranza, rimangono però le basi costruite da decenni di altalenanti ma concreti governi, che pur nelle loro follie hanno sempre tenuto d’occhio la realtà, limitando i rischi alla sfera della razionalità. E con questo non intendo rivalutare o sopravvalutare il ventennio berlusconiano, l’avvilente parentesi renziana o la belle epoque tangentopoliniana, dico solo che anche in quei periodi non proprio illuminati, non si prospettavano epidemie di massa o linciaggi popolari (o almeno questi venivano lasciati alle esperte mani delle forze dell’ordine).
Quindi, nonostante la pericolosa, ingenua o maliziosa, inettitudine degli attuali governanti, il paese è ancora in piedi ma si trascina sull’inerzia di quanto costruito fino a ieri. Come direbbe qualche vecchio: “stiamo sulle spese”.
Quando mi hanno parlato dello stare “sulle spalle dei giganti” immaginavo intendessero “ripartire dalle vette già raggiunte”, non “campare di rendita” dai famigerati e maledetti governi precedenti.
A Roma, ad esempio, la città non è ancora andata (completamente) a fuoco, ma le uniche cose cresciute dall’insediamento del nuovo sindaco sono l’influenza della malavita storica e le buche.
Questo governo può considerarsi del cambiamento come l’invecchiamento può considerarsi progresso. E ogni volta che esce una nuova ruga sul volto della città sento il sindaco esultare al successo; nonostante abbia osteggiato il cambiamento nel fallimentare servizio di trasporto pubblico, nonostante non sia intervenuta sulla drammatica questione rifiuti, nonostante non sia stato avviato alcun nuovo progetto a dispetto delle rivoluzionarie promesse.
Nel frattempo brucia Roma: autobus, discariche, cassonetti…
Nell’amministrazione locale corre favorita la Lega, che ancora non ha dimostrato tutta questa insipienza, limitandosi a infierire contro determinate categorie come immigrati, donne, non cattolici. Roba che dà meno nell’occhio del menefreghista popolano, che non gli toglie soldi dalle tasche e non incendia le loro strade. Ma a parte questo la musica non cambia di molto.
E si va avanti così, anche perché nonostante i fallimenti e gli evanescenti interventi di questi anni, questo governo estremista populista continua a vivere di un forte tifo. Ma arriverà il momento nemmeno troppo lontano in cui il gigante sarà talmente ricoperto di merda da non riuscire a più a muovere un passo. Sarà allora il tempo del cambiamento o, conoscendo gli italiani e vedendo l’attuale opposizione, sarà allora il tempo del ritorno al futuro, sarà come entrare di nuovo nel terzo millennio, visto che pur partendo da un novello medioevo, non ci sono certo le premesse per un nuovo Rinascimento.
Questa storia del vintage ci è sfuggita di mano.
[D.C.]
Ottimo articolo, ma occhio:
“limitandosi ha infierire contro determinate categorie”
Correggere. Subito.
tutto condivisibile eccetto l’accenno al trasporto pubblico. In effetti quello proposto dai radicali non era un cambiamento ma una privatizzazione bella e buona del servizio. praticamente un ritorno al passato degli ultimi 25 anni, in cui ogni servizio e/o bene collettivo è finito nelle rapaci mani delle imprese, con risultati non proprio innovativi: peggioramento della qualità del servizio, aumento del costo e perdita di posti di lavoro. insomma, non ho simpatia per rotella e avendo rifiutato la scheda al ballottaggio sono uno dei pochi che può dire, verbale alla mano, di non averla votata. Ma almeno una cosa, per la legge dei grandi numeri, la doveva imbroccare