In passato, anche io mi sono lamentato un sacco dell’ignoranza, della frustrazione e della paura che portano la gente a seguire il populista di turno, coi risultati che ben conosciamo. Ed è doppiamente snervante discutere con gente che, nonostante la (de)crescita industriale, la disoccupazione che aumenta e le prospettive economiche per il paese che da “non proprio rosee” sono diventate “proprio marroni”, ti sbatte in faccia risposte standard priva di qualsiasi logica, tipo “lasciateli lavorare” (ehi, è proprio quello il problema!), “il capitano mantiene le promesse” (tipo “processatemi pure”?) e l’immortale “e allora il PD?” (mi faceva cacare, ma sto iniziando a rimpiangerlo, tu no?).
Eppure, leggo sempre troppa, troppa gente che si scaglia contro il suffragio universale, dicendo cose come “questa gente vota: non dovrebbe”. Dal patentino per votare al voto pesato, passando per il sottile godimento nel pensare che il coglione che ha votato cinquestelle si meriti di patire la fame con tutta la famiglia, perchè siccome è “scemo come la merda” allora bene che si estingua. Forza Darwin, giusto?
Poi uno si stupisce che la sinistra sia morta: e grazie al cazzo, se la gente di sinistra fa questi discorsi di merda qui. Facciamo un ripassino. Se una persona, vuoi per ignoranza, vuoi per rabbia, vuoi per frustrazione, metteteci il movente che vi pare (e mettetene anche più di uno, se volete) cede alla propaganda populista, c’è sicuramente un problema di istruzione, un problema a livello di società. Il problema però è “l’ignoranza” diffusa, segno che qualcosa di importante ha smesso di funzionare. Ma la colpa, la fottuta colpa è di chi fa propaganda.
Siamo tutti d’accordo che se un nostro conoscente si ammala di una forma particolarmente aggressiva di tumore, e a causa della disperazione e della paura si affida a un ciarlatano che gli promette di curare il cancro coi massaggi e l’agopuntura, il nostro conoscente può essere tacciato di dabbenaggine e creduloneria, ma lo stronzo rimane il ciarlatano? Uno è una vittima, uno è un carnefice, e – spoiler – quello col cancro non è il carnefice. Badate bene, non sto dicendo che non ci siano mai responsabilità da assegnare all’ignorante: se autodenunci involontariamente tuo figlio che lavora in nero mentre parli con un funzionario statale è normale e giusto che scatti una sanzione. Però la colpa ultima è di chi ti ha convinto che essere ignorante va bene, che lavorare in nero non è ‘sto gran reato, e di chi ti ha promesso che potevi avere una valanga di soldi senza fare un cazzo, spiegandotelo anche male. Cioè, la colpa sta tendenzialmente in alto, non in basso.
Ma andiamo con ordine e partiamo dalle basi. La comunicazione persuasiva esiste e la usiamo tutti. La usiamo da tempo, è una branca della retorica, che nasce col fine di discutere democraticamente. Le regole di tale arte sono state poi formalizzate, su tutti da personaggi come Aristotele e Cicerone. Di base la comunicazione persuasiva consiste nell’usare una serie di argomenti e tecniche per istruire, informare, intrattenere, emozionare e – in ultimo – convincere gli ascoltatori. Niente di brutto o sbagliato in sé.
La comunicazione persuasiva, dicevo, la usiamo tutti, e la usiamo, di solito, in modo tendenzialmente “sano”: la usano gli avvocati per difendere gli assistiti, gli innamorati per sedurre, i commercianti per vendere, gli allenatori per motivare la squadra, i medici per farvi capire che se non vaccinate i vostri figli è più probabile che qualcuno ci lasci le penne mentre cresce.
Il problema con la propaganda non è che convince la gente, quella è una cosa normale, il problema della propaganda è che fa leva sulle emozioni per convincere l’auditorio che ad essere vere sono una serie invereconda di cazzate. Possiamo definirla come la versione “malvagia” della pubblicità, che è finalizzata a promuovere la vendita di qualcosa, a patto che la fonte che la emette sia identificabile, che l’intento persuasivo sia manifesto e che le argomentazioni impiegate siano, anche se parziali, comunque lecite e non ingannevoli. La propaganda, invece, se ne sbatte il cazzo della verità, di essere riconoscibile, di indicare chiaramente di chi sta facendo gli interessi. È subdola, efficace, senza scrupoli.
Il termine “propaganda” nasce nel 1622. Lo usa Papa Gregorio XV (nella bolla Inscrutabili divinae Providentiae) quando istituisce la Sacra congregazione de propaganda fide per combattere efficacemente la Riforma protestante. Ma, anche se mi farebbe piacerissimo pensarlo, non è un’invenzione della chiesa e veniva utilizzata già in precedenza da leader politici, anche se è solo alla fine dell’ottocento che diventa una pratica diffusa: ne parla diffusamente un libro del 1895, “Psicologia delle folle” di Gustave Le Bon, mentre l’istituzione nel 1933 del ministero per la Chiarezza Pubblica e la Propaganda, guidato da Goebbels, è forse il primo caso di propaganda “ufficializzata”. Segue a stretto giro l’Italia che istituisce il Minculpop nel 1937 (anche se la propaganda veniva comunque utilizzata da anni tramite l’ufficio stampa del Duce). L’apice dello scontro fra diversi tipi di propaganda si ha probabilmente durante la guerra fredda, in cui il blocco americano e quello sovietico si sparano merda contro come se non ci fosse un domani, senza ritegno né vergogna. “Il virus HIV è stato creato dagli americani”, “i soldati russi mangiano i bambini: è un fatto!”, “Martin Luther King l’ha ammazzato il governo americano”, “i russi vogliono sterilizzarci tutti” sono solo alcune delle puttanate più colossali messe in campo dalla propaganda dei due blocchi, nel duplice tentativo di fidelizzare i propri sostenitori e destabilizzare le convinzioni di quelli avversari.
La differenze fra pubblicità e propaganda sono sostanzialmente due: l’arma del delitto e il movente. Sebbene entrambe siano forme “forti” di comunicazione persuasiva (entrambe giocano sulle emozioni, semplificano la realtà e la spettacolarizzano, usano slogan e metafore anche forti), la pubblicità usa un registro rassicurante, positivo, parla di tranquillità e di benessere. La propaganda usa un registro autoritario, imperativo, violento: con noi, o contro di noi. La pubblicità ha un movente diverso dalla propaganda: la pubblicità è PRO-qualcosa: c’è una cosa che probabilmente non ti serve, ma io te ne elenco le qualità e i vantaggi finché non ti faccio venire voglia di comprarla lo stesso. La propaganda, invece, anche quando esalta un qualche valore o un dato evento, ha sempre bisogno di essere CONTRO-qualcosa: c’è un cazzo di nemico, alle porte o già qui con noi, e bisogna temerlo, odiarlo, combatterlo. Il motore della propaganda è composto da paura, rabbia e frustrazione.
Adesso torniamo a noi.
Quest’orda di “analfabeti funzionali”, come a molti piace chiamarli, questa massa incolta, tanto bisognosa quanto inoperosa, così arrabbiata e ignorante e irragionevole, ci fa paura? Un po’ sì, giusto? Abbiamo paura che mandino tutto in vacca. Siamo frustrati e arrabbiati perché questi “contano come noi”, votano come noi, perché non ci si può parlare, perché sono ottusi e perché cazzo, è sotto gli occhi di tutti che se il paese va in rovina è colpa loro. Suona familiare?
Non è tanto, tanto simile a “gli immigrati, queste mezze scimmie che vengono qui a rubarci il lavoro”? Non è tanto simile a “i politici, la kasta, sono tutti ladri”? Non è tanto simile a “questi radical chic, che pontificano dai loro attici e non hanno mai lavorato”? Pensateci un secondo.
È propaganda, ragazzi. Gli “analfabeti funzionali” sono uno spauracchio, sono “il nemico”, sono la cosa che ci distoglie dal prendercerla con quelli che la propaganda la fanno, coi “burattinai”. Non è complottismo da due soldi, è lotta di classe. Chi sta in alto convince chi sta in basso a fare la guerra con uno più in basso di lui: la destra ha gli immigrati (che minacciano la patria) e gli omosessuali (che minacciano la famiglia), noi abbiamo gli analfabeti funzionali (che minacciano la cultura, la politica). Ogni volta che dite che qualcuno che considerate “più in basso di voi” (quale che sia il motivo) non deve votare, la democrazia si sgretola un altro po’. Perché avete smesso di credere in uno Stato che informa, istruisce e accultura i suoi cittadini, dando loro gli strumenti per vivere una vita serena in un ambiente civile, state iniziando a credere in uno Stato che col pugno di ferro elimina dalla res publica tutti quelli sotto di voi. L’obiettivo è combattere l’ignoranza, non “eliminare” gli ignoranti.
Adesso l’ultima serie di domande, a cui però dovete rispondere voi.
Questo nemico, questo nemico perfetto per noi, così incolto e arrabbiato e ingestibile, chi l’ha creato? Di chi facciamo gli interessi quando ci scagliamo contro Candy Candy Forza Napoli, quando diciamo che lei e tutti quelli come lei non devono più votare? Chi è che, allo stato attuale delle cose, potrebbe beneficiare di un suffragio un po’ meno universale, magari diverso da quello che avete in mente voi?
Buona settimana.
[Marco Valtriani]
Nota: il riassunto sulla storia della propaganda e la descrizione (seria) dei suoi meccanismi è in parte preso dal sito di Annamaria Testa, di cui vi consiglio la lettura.
Una risposta a "Il nemico perfetto."