Capitani Giallorossi

Stessa elezione, nuovo governo.

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Grandissimo merito del M5S è quello di aver riavvicinato le persone alla politica, aver dato nuova linfa alla scena suscitando quell’interesse sopito da quasi una generazione. Grandissimo peccato è stato farlo con un Vaffanculo, perché con una sveglia del genere la reazione è stata scomposta come un’entrata di Materazzi, trovando il “nuovo” popolo così pronto da comunicare il proprio assenso tramite telefax.

E mentre l’illusione di Rosseau copriva la liberazione dalla responsabilità rappresentativa, sdoganando un nuovo fascismo intimista di pecore sciolte, il più facile dei pensieri, quello assolutista, veniva facilmente pastorato dai più esperti politici di destra, che con quattro frasi da clickbait hanno conquistato il popolo più social e meno sociale della storia.

Quindi, ora che siamo liberi di sostenere qualsiasi idea ci venga ripetuta abbastanza, indipendentemente dalla sua logicità o dalla sua realtà, abbiamo una brulicante base di gente pronta ad estremizzare qualsiasi singola parola, rendendo questione di vita o di morte anche il più banale rimpasto di governo, che per altro vede coinvolta una delle forze più conservatrici (nel senso pratico del termine) disponibili.

Per questo attraverso la città tra macchine in doppia fila, strade dissestate, cassonetti rigurgitanti, bambini di merda che vessano vecchi, vecchi che sporcano come cani e cani che scrivono “lavami” con gli stronzi sui marciapiedi, senza fattura che viene meno, così da poter giungere al lavoro e sentire:
– Che ne pensi del nuovo governo?
– Io non sono né razzista né stupido, lo vedo benissimo che tutti questi negri ci stanno rovinando, ci vuole una dittatura.
– Eh sì, però…
– Però? A Bibbiano sono accaduti fatti gravissimi, bisogna andare alle elezioni! Questo governo non è eletto!

Tutti onesti, tutti decisi e con la soluzione in tasca.
Arbitro cornuto e sfortuna fanno il resto.

Mi ricorda l’adagio di mia nonna per cui tutto è volontà di dio ma per le cose brutte è “‘l diavolo che ce sse mette”.

Comunque, al canto di “andiamo a votare la dittatura” si mobilitano nuove e vecchie generazioni unite nel minimo comune multiplo del pensiero umano, un po’ com’era al militare, tutti ad allinearsi al livello più basso, unico punto d’incontro. Solo che lì si era costretti, qui non ho attenuanti per la pigrizia mentale e la cattiveria esercitate. Nemmeno l’ignoranza, giacché io stesso vengo dalla stessa estrazione sociale, dagli stessi quartieri e dalle stesse scuole di questi individui, e vivo della stessa ignoranza, ma raggiunta l’età della ragione non mi sarei mai sognato di sostenere una posizione del genere, nemmeno ritenendomi certo della mia posizione di privilegio.

Una dittatura, ci vuole, andiamo a votarla.

Lasciando la macchina parcheggiata male, saltando la fila al seggio, fumando in corridoio, gettando la cicca in terra, protestando per la matita, dimenticando il documento, pisciando sulle tavolette dei bagni pubblici, lamentandoci del traffico, delle file e del degrado.

A volte vorrei essere così, in una vita sola, sbattendomene il cazzo di tutto, facendo il prepotente con le mie incoerenze, facendomi spalleggiare da dio e dalla forza della maggioranza, fare il bullo fin dove possibile senza preoccuparmi, al limite battendo i piedi.

Invece sono un coglione che soffre, tutto.

Però sai che c’è, io la macchina in doppia fila non ce la metto, i capelli li ho già tagliati, sono bianco e sufficientemente etero, alla fine qualche giorno di dittatura potrei reggerlo, abbastanza da riuscire a ridere delle loro lacrime da coccodrillo.
Così avrei un “te l’avevo detto” come cioccolatino quando saremo nel mare di merda tanto agognato.

Oggi invece ho solo un solito nuovo governo.

[D.C.]

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