Lo strano caso di National Geographic, Finish e il neonazionalismo italiano


Se come quasi certamente siete utenti italiani di Facebook, e avete un minimo di interessi che non si limitano a scambiarvi “buongiornissimo caffè” travestiti da meme postironici, quando non sono proprio la stessa cosa, potrebbe esservi apparso in questi giorni nello stream un post sponsorizzato di National Geographic che insolitamente focalizza l’attenzione sulla gestione dell’acqua in Italia. Roba che io ho dovuto rileggere tre volte il titolo per chiedendomi: “Davvero è tutto sull’Italia? Cioè, acqua, Italia, National Geographic? Non per i paesaggi ma per l’acqua! Wow.”

Si tratta di un articolo abbastanza in linea, di per sé, con lo stile di National Geographic (che ricordiamo non è propriamente una rivista scientifica ambientale, è più un magazine che tratta di natura, immagini ed ecologia) se non fosse che colpisce l’attenzione allarmata data alla situazione italiana, peculiare in Europa e nell’Occidente. Tanto più che è scritto in inglese. Il fatto di aver letto ultimamente più articoli del solito in inglese potrebbe avere indirizzato ulteriormente la terghettizzazione: grazie analisi di mezzomondo sul Coronavirus, non mi avete solamente schiacciato ansiogenamente il petto con le vostre previsioni apocalittiche al cui confronto l’umanità di MadMax viveva nella Città del Sole di Tommaso Campanella.

Ma cosa dice l’articolo? sostanzialmente è una panoramica sulla nostra situazione idrica: alti consumi individuali, enormi sprechi nella rete pubblica, grande inquinamento di falde e corsi d’acqua, ridotta capacità del terreno di trattenere le pioggie, che comunque sono in diminuzione, a favore di stagioni caldissime e siccitose. Cose che sapevamo già. Ma che se vogliamo è anche meglio ricordare. La pandemia che sta scuotendo il Mondo e l’Italia non deve farci dimenticare che fuori dal Coronavirus la questione climatica è rimasta esattamente come l’abbiamo lasciata: urgente, improrogabile e senza Ken Shiro.

Però c’è un però: a un certo punto dell’articolo si nomina, tra le altre cose che influiscono sul consumo domestico, il risparmio di acqua della lavastoviglie rispetto al lavaggio a mano. Si parla di 10 volte tanto. Il dato è un po’ impreciso: se infatti vale per il lavaggio a mano con il rubinetto aperto, tanto non vale per il lavaggio a mano con il lavello riempito d’acqua e il rubinetto aperto solo per il risciacquo. In questo secondo caso il consumo di acqua è sì maggiore ma il risparmio elettrico lo rende il metodo più riguardevole rispetto ai consumi energetici. Ma ora finiamo questo lungo preambolo di economia domestica che mi sta per uscire la faccia di Marie Kondo dallo sterno, chiuso ormai da settimane in questa astronave che dobbiamo chiamare casa.

Si perché l’articolo risulta sponsorizzato da Finish, noto marchio di detersivo per lavastoviglie, e qui salta un po’ tutto, possiamo dire, pure troppo. Perché questo dettaglio ovviamente non è sfuggito ai commentatori, che sono la vera anima e il vero focus di questo articolo dai preliminari estenuanti.

Trovato infatti l’aggancio complottista, i commentatori, specialmente italiani, ma non solo, si prodigano in maniera particolare a sottolineare come National Geographic e Finish stiano portando avanti un attacco nei confronti dell’Italia, già martoriata dall’epidemia, la cui immagine non ha certo bisogno di questi articoli allarmistici. I commenti sono un florilegio di accuse nei confronti di NG e il suo sponsor, in alcuni casi, immancabilmente, ponendo l’accento sulla maggiore igiene italiana alla base dei suoi consumi maggiori alla media europea. Il bidet regna sovrano. La permalosità delle risposte, il sottotesto che la sostiene, e il linguaggio usato fanno apparire i commentatori di NG come dei salvinisti di fronte a una dichiarazione qualsiasi della Merkel: l’Italia è un grande paese, non merita il vostro odio, siamo forti, risorgeremo, il vostro paese è cacca merda. E così via discorrendo. Non manca nemmeno il gioco di parole “National Geographic is Finish”, che merita comunque rispetto.

Ora, se questo linguaggio e questi modi sono arrivati su National Geographic, che è tipo una di quelle cose che più di tutte fa pensare ad un’umanità unita nei destini e nelle aspirazioni, seconda forse solo a Giochi Senza Frontiere (un giorno correleremo la fine di GSF con la rinascita dei nazionalismi, ma sarà troppo tardi per riprendere il fischietto), vuol dire che, al contrario di quanto molti stanno scrivendo e dicendo, il sovranismo non sta perdendo colpi durante questa crisi. Il fatto che Salvini, meno esposto mediaticamente, perda consensi momentanei non deve distrarre dal fatto che tutta l’Italia sta diventando semplicemente più sovranista. Non tutta l’Italia, in realtà, tutta l’Europa e tutto il Mondo, ognun per sé. Il nazionalismo insomma rischia di diventare il fondamento delle prossime relazioni internazionali, perché sta conquistando tutti e tutte le forze politiche. Aiutato, certo, dal comportamento degli Stati, che però a loro volta si comportano così proprio perché in preda al nazionalismo emerso nel momento estremo della paura del contagio.

 Se davanti ad un banale articolo, sponsorizzato male e targhettizzato peggio (e con un evidente conflitto d’interessi) di National Geographic, che comunque pone l’accento su un problema vero, verissimo, del quale ci accorgeremo immancabilmente non appena finirà l’emergenza della pandemia, la nostra risposta sono pernacchie e ancora quel fottuto e strafottutto pooo popopo popooo po cristo spero che prima o poi l’urlo di Grosso vi esploda nel culo, allora forse c’è da chiedersi quanto ci vorrà prima di impedire a chiunque, interno o estero, di porre in critica qualcosa che riguardi il nostro Paese, senza considerarlo ingiuria, infamità e terrorismo mediatico. Che era un po’ quel vittimismo tutto piagnone del ventennio cominciato un secolo fa. Aggiungiamoci poi questa rinnovata attenzione alla delazione nei confronti di chi pur rispettando le regole fa cose che a noi poco piacciono, come faticare correndo. L’incubazione potrebbe essere finita, e la febbre che adesso ci sta infiammando, insomma, non è solo quella del Covid-19.

[Franco Sardo]

 

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