I tre tipi di artisti disagiati che hanno rotto i coglioni

ostruzioni

L’avvicinarsi della bella stagione mi porta a fondamentali riflessioni. Che so, lo stravolgimento meteorologico dell’universo, la lotta tra lo spirito apollineo e quello dionisiaco durante la stagione dell’amore, le invasioni sul Facebook di spiagge tropicali con sovraimpressi i vostri cazzo di piedi… Tant’è.

Girovagare su Facebook è diventato un’inesauribile fonte di disagio. Ci sono numerosi e dolcissimi casi umani che ogni giorno ti aspettano per strapparti una risata isterica o solo un’ondata di pesante idiosincrasia. In altri casi i più sensibili all’involuzione della razza umana vengono colti da disturbi dell’umore e della personalità. Tra le grandi macro-famiglie del web-imbarazzo esistono gli artisti a ogni costo. Facebook non fa alcun tipo di selezione. Chiunque può aprire una pagina e dichiararsi esperto in o artista presso. Non si passa più per il controllo qualità, perché l’avido Mark non nega un sogno a nessuno.

In questo particolare periodo storico del web, sono tre i casi umani più eclatanti e presenti. Sono simpatici come la carta da culo economica “a un velo” che ti si spappola in mano e al contempo fastidiosi come presentarsi a qualcuno quando hai il raffreddore e il nome-cognome zeppo di consonanti nasali (sì, impiccio che conosco bene, fanculo).

Vediamo di identificarli e sturarli.

1. Lo scrittore presso scrittore.

Nel mondo e su Facebook, scrivono praticamente tutti. Questo esemplare di caso umano in dieci anni non ha trovato un editore. Si arrende e si fa delle domande? No. Decide che il mondo è ingiusto, che lui è incompreso, che la sua idea è geniale ma l’editoria è tutta corrotta, quindi si riscatta con l’auto-pubblicazione. Tira fuori così il suo best-seller, alto dalle cinque alle dieci dita. Con tutta probabilità non ne scriverà altri, perché si è sparato tutte le cartucce in un colpo solo. Apre una pagina e si definisce subito Scrittore, rompendo i coglioni con auto-citazioni quotidiane estratte dalla sua opera prima (e lì capisci perché non abbia trovato un editore). Lo promuove per giorni, mesi, anni. Sui social smetterà di avere una faccia, perché come profilo metterà a vita la copertina del libro. Tipo che gli prenderei la copertina a schiaffi dalla mattina alla sera. Spamma come un pazzo, avvia un mercato nero di finte recensioni e si scarica l’ebook da solo, cercando di convincerti che è in cima alla classifica Amazon da due anni. Ti coinvolge in chat, gruppi, sottogruppi. Ogni tanto inventa qualche stratagemma e ti manda un link dicendo “guarda che bello sto video!”. Poi lo apri ed è la quinta versione del booktrailer di 10 minuti del suo cazzo di libro. E non basta toglierlo dagli amici, se era un tuo “amico”, perché sponsorizza la pagina o spunta come il peggio prezzemolo da qualunque parte.

Livello di disagio: 5 stelline di Amazon.

2. Il fotografo col cannone

Questo soggetto vuole fare l’artista a ogni costo. Le ha provate tutte, dalla scrittura, al video, alla musica. Poi capisce che anche nei giorni più infimi, e con le prestazioni più orripilanti, qualche like a una foto non lo nega nessuno. Ma attenzione: lui non ci arriva che le foto su Facebook prendono like indipendentemente dalla reale bellezza. Spesso si tratta di un movimento involontario del dito. La foto è immediata, non presuppone impegno, ascolto, lettura, e anche se artisticamente fa cacare gli amici in qualche modo un like te lo piazzano sempre (facendo danno). E siccome questo caso umano accresce la propria autostima attraverso il compiacimento altrui, trova nella fotografia la strada più facile. Ed ecco che, non avendo quel “non so che” di genio, sregolatezza e dote innata che un artista deve avere, lui decide di basare tutto sulla tecnica e sul mezzo. Compra obiettivi che sembrano i cannoni della rivoluzione francese e si indottrina a cazzo su diaframma, cazzi e macro. Lavora in post produzione come non ci fosse un domani. Preso da delirio di foto-onnipotenza inizia a fotografare qualsiasi cosa, compresi i peletti delle pesche visti da vicino. Nessun insetto è più al sicuro: l’impollinazione delle api diventa un set, gli uccelli non hanno più l’intimità del nido, e se le coccinelle potessero parlare griderebbero “piantala di starci addosso con quel cannone e vai a farti una vita”. E poi ci sono loro, le modelle presso me stessa – di cui ho abbondantemente parlato qui – che sono l’invito a nozze per ogni fotografo caso umano. L’evoluzione da naturalista a ritrattista è presto fatta. E se la combo che si crea è tra fotografo incompetente e modella improvvisata – come è ovvio che sia – i veri competenti del settore avranno la tentazione di fare bungee jumping senza elastico (tenete duro amici, passa tutto).

3. La home-made compulsiva

Una volta ebbi l’insana idea di visitare uno di quei gruppi per scambisti di like. Diciamo che mi si è aperto un mondo subnormale. Esistono qualcosa come un bilione di pagine di donnine che fanno le “creative” lavorando a mano la qualunque cosa e in qualunque modo. Ora, non volendo demonizzare in alcun modo l’artigianato, la creatività, il riutilizzo dei nostri scarti domestici, che sono cose che non turbano l’animo di nessuno, voglio precisare che quando scrivo “qualunque cosa e in qualunque modo” intendo sul serio “qualunque cosa e in qualunque modo”. Ho visto pagine in cui suddette creative prendono un mestolo o una frusta per dolci da 50 centesimi e ricoprono il manico con scotch da elettricista, spacciandoli poi per mestoli di design home-made; ho visto pezzi di pongo e perline rubati ai figli prendere forme demoniache, spacciati poi per ciondoli creativi; palline di naftalina o di cacca-di-neonato-esiccata infilate in spaghi da pacco, spacciati poi per collane ricercate all’ultimo urlo. Infine, a peggiorare il disagio, ci si mette il tentativo subdolo di vendere a caro prezzo ste schifezze utilizzando le patetiche scuse del “ci lavoro pure la notte perché ho tre figli” “lo faccio col cuore” oppure il ricatto psicologico del “con il mio home-made riciclo i materiali e comprate cose a zero impatto”. Riciclo? Impatto? Dovrei comprarmi le tue cacchette di collana a 20 euro per evitare l’impatto? Io voglio impattare da qui all’eternità e rovinarmi la pelle con tutto il nichel del mondo. Anche nel rispetto delle donne che hanno un negozio, ci stanno dieci ore, e crescono lo stesso i loro bambini (oltretutto senza fottergli il pongo).

Avido Mark, qui non ci servono tasti magici. Qui ci servirebbe che il tuo Facebook iniziasse a chiedere il Curriculm Vitae agli artisti che vogliono aprire una pagina. Del tipo “dammi qualche credenziale se vuoi spacciarti scrittore, fotografo, creativo”. Perché poi finisce che qualcuno ci crede. E servirebbe anche tu ci spiegassi finalmente il mistero di cosa e dove cazzo sia quest’azienda Me stesso. Chi la gestisce? Ci assumete davvero cani e porci? Ci si finisce con una qualche mobilità sociale? No, giusto per capire.

L’utenza ringrazia.

Sturate, gente, sturate.

[M.C.]

PS: se non l’avete ancora fatto, segnalateci ai Macchianera Awards. Thanks!

12 risposte a "I tre tipi di artisti disagiati che hanno rotto i coglioni"

    1. Il cannone è semplicemente un mezzo, che quando serve hai il suo necessario perché. Quello che mi inquieta è il cannone usato come soluzione, quando di fotografia non si sa un benemerito.
      😉

  1. ahahahah mi hai fatto sbellicare e tra l’altro condividiamo molte idee 😉
    Pure a me tutti sti pseudo artisti-intellettualoidi mi hanno cominciato a stancare da tempo; ogni tanto almeno c’è qualcuno che li critica invece di elogiarli senza motivo.
    Kiss

  2. Spesso mi chiedo: è un male o è un bene che tutti scrivano, me compresa? E’ un bene o un male che tutti fotografano tutto, me compresa? E’ un bene o un male che tutti riciclano, me compresa? E la risposta che sempre mi arriva è: in sè non può essere un male, nel senso che ognuno è, e deve essere libero di fare ciò che gli piace, scrivere, fotografare, riciclare. Fare emergere la bellezza spetta a chi legge, a chi guarda, a chi compra le collane, i libri, le fotografie. E’ pur vero che in mezzo a tanto ciarpame è difficile discernere, ma non c’è alternativa. Una volta scrivevano in pochi (a pochi eletti era data la possibilità di studiare), pochi potevano permettersi una macchina fotografica, e il riciclo era una necessità pratica e non artistica. Ora la poesia, la letteratura, l’arte in generale, è scesa dal podio e si è sporcata di terra, si è infangata. Si è fatta democratica, la democrazia è sempre un compromesso dove luci e ombre convivono, ma è anche una grande possibilità per tutti e non solo per pochi eletti. Penso che nelle scuole bisognerebbe fare questo: educare alla bellezza, magari inserendo storia dell’arte fin dalle elementari, facendo teatro, e insegnare veramente come si legge un libro.

    1. Hai colto in pieno, aldilà dell’esasperazione e del sarcasmo dell’articolo, un concetto basilare: educare alla bellezza. Il che non vuol dire che certe cose siano elitarie e per pochi. Sono di chiunque voglia farle. La libertà di fare e sperimentare qualunque forma artistica è sacrosanta, e non è il limitare questa libertà il messaggio tra le righe di questo pezzo. Le palline di cacca, le foto alle api, il tomo alto dieci dita sono la metafora (per chi l’ha voluta cogliere) dell’arte fatta solo per il gusto di definirsi ed emergere con la strada che si ritiene più facile e alla portata. La facilità di avere un mezzo potente, o l’auto-pubblicazione a pochi euro, insieme ai mille social in cui aprire vetrine, portano ormai chiunque a pensare di vendersi, spammarsi e defininsi “artista fatto e finito”, e questo svilisce di molto il concetto di bellezza e il senso dell’arte. Conosco decine di “scrittori presso scrittore” che sostengono apertamente nei gruppi di non leggere libri per non influenzare il loro stile, o “fotografi dell’automatico” che non sanno cosa sia la pellicola o la mostra di un altro fotografo, perché credono di non aver nulla da imparare. Agghiacciante uno scrittore che non legge, no? Sono loro il “disagio” che prendo bellamente per il culo (e la reazione di molti di loro a questo articolo mi racconta una lunga, lunghissima coda di paglia, altrimenti si farebbero solo una grassa risata, invece di auto-denunciarsi attaccando me o questo stupido articoletto). Per quanto la bellezza sia soggettiva, un culo o un ape a fuoco sono molto lontani – oggettivamente – da una bella fotografia. E forse è tutta questa facilità di possedere mezzi potenti che rende tutti capaci di definirsi e di fare. Se sia giusto limitare questa libertà, assolutamente no. Ma a quel punto direi che cammina di pari passo la libertà di giudicare o di prenderli in giro!

  3. Poi per chi si crede un grande scrittore, un grande poeta, un eccellente fotografo, un artista di gran talento direi soltanto: ma sei proprio sicuro? Sicuro, sicuro che non hai prodotto una banalità, sicuro sicuro che non potevi fare di meglio? Ci hai messo sudore, passione, studio? Meglio ancora lasciar perdere, non sprecare con certa gente le proprie energie. Chi si crede un grande è difficile che ascolti.
    I grandi in genere hanno sempre dei dubbi e non cercano conferme nei like.

      1. Ho capito perfettamente il tuo articolo, tempo fa mi “arrabbiavo” tantissimo per queste persone che non leggono e scrivono, che sfornano libri come se fossero torte. Oggi non mi arrabbio più, soltanto mi sono tagliata fuori da questo mondo di “artisti” che poi è lo specchio del mondo in cui viviamo, e da cui purtroppo non posso tagliarmi fuori, anche se vivo piuttosto appartata. Soltanto cerco di capire, riflettere sulle cose. E il mio commento altro non era che una riflessione. Grazie per la risposta.

  4. e quindi con facebook che cazzo ci vorresti fare?? cmq c’è anche un’altra categoria: quella che sa solo giudicare gli altri tipo “giuria x factor” che ormai ne è pieno…troppo comodo mettersi a fare il saccente senza proporre un cazzo…ciao ciao

    1. Gentile Ivan, ringraziandola innanzitutto per la retroattività con la quale segue i miei pezzi, la invito a seguirli fino in fondo, dove avrebbe trovato risposta al suo reclamo (capisco che era una mappazza di articoletto, ma si faccia coraggio, sono donna e parlo molto). Perché avrebbe letto che non è vero che non ho proposto un cazzo. Il cazzo che ho proposto è che l’avido Mark chieda un CV a chiunque decida di fare l’artista presso FB. Beh, non si aspettava certo una proposta raffinata e progettuale su una rubrica che ha in banner uno sturacessi, su un sito che nelle info dichiara di sturare imbecilli? Suvvia.

      Le propongo altresì, in quanto giudice di X FUCKTOR, considerata la sua profonda analisi, di aprire una pagina come “Giudicatore di giudicatori presso se stesso”. Ha un futuro.
      Con simpatia, l’autrice.

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