Inspirare, cospirare, espiare

E’ apparsa su tutti i siti a tema 9/11 la nuova rivelazione riguardo il World Trade Center: è crollato.

E grazie al cazzo!

Questa settimana ho deciso di affrontare un tema più spinoso delle gambe della mia ex durante il ciclo. Un po’ perché è uscito il discorso, un po’ perché mi manca. Il discorso.

Ovviamente ci siamo riferiti a siti o blog specifici dell’argomento, che giornali e agenzie, di notizie non accertate, non ne scrivono.

Come avrete letto dai link a inizio pagina, la presunta scoperta appare sul Bentham Open Chemical Physics Journal, una rivista scientifica, come dice il nome, molto aperta, tanto da ricordarmi di una certa amica che purtroppo non frequento più.
Nonostante l’attendibilità della rivista sia pari a solo alle previsioni di Robert Metcalfe su internet, la pubblicazione ha scatenato complottisti e anticomplottisti che nemmeno nei derby dei bei vecchi tempi, quando ci si poteva manganellare senza tante storie.

Il tema del giorno quindi non è tanto la teoria presentata, che lascia il tempo che trova, come ogni considerazione tecnica sui crolli dell’undici settembre, quanto proprio il complottismo, il suo arcinemico l’anticomplottismo, e il loro arcinemico comune: la verità.

Spero mi passerete il fatto di vedere queste due fazioni come… fazioni, perché le persone comuni non sono in grado, o non sono messe in grado, di considerare oggettivamente fatti e misfatti, ma vogliono, sembra che debbano, assolutamente esprimersi pro o contro l’argomento di passaggio, roba da razzista del giorno, di ogni giorno. Ed a parlare sono ovviamente più spesso, fosse anche per questioni numeriche, le persone comuni. La gente, per meglio dire.
Con queste approssimazioni da tifoseria, con discussioni sulla morale dell’altro, sulle attività della moglie di turno e sopratutto delle rispettive madri, l’idea di complotto svanisce tra la realtà dell’esecuzione di interessi da parte di gruppi dominanti e le fantasie di limitati sottoposti incapaci di accettare la propria condizione attraverso l’elaborazione di realtà ben più lineari.

Nella terminologia contemporanea la parola complotto ha assunto un’accezione virgolettata. Chi nomini un complotto è per lo più additato come uno che stia un po’ fuori, e lo sminuire a prescindere qualsiasi forma di preoccupazione o denuncia è quasi un dovere da persona matura. D’altra parte spesso è così, o meglio, un complotto che si rispetti, a livello d’informazione, fa leva esattamente su questi ormai prevedibilissimi aspetti. Che complotto sarebbe se tutti potessero dimostrarlo?
E’ così che il complotto e l’anti-complotto diventano divinità, una forma di religione, qualcosa in cui credere o non credere, spesso in maniera dogmatica.

Un buon viatico, come per la religione, può essere un pizzico di cinismo, vivere senza fiducia cieca nel potere, chiedersi sempre “chi ci guadagna?“, anche di una eventuale nostra interpretazione giusta o sbagliata che sia.

Ad esempio per il nostro tema iniziale, dati 11 anni di conseguenze, si può stabilire senza remora né necessità di ulteriore prova che quello dell’undici settembre 2001, per la classe dirigente (ovviamente soprattutto economica) americana, è stato un fortunatissimo incidente. Forse il più fortunato della loro storia.
E noi, dal basso delle nostre ignoranze scientifiche, della scarsa quantità di dati reali, della necessità di riferirci a fonti oggettive come tifoserie, non possiamo che giungere ad una conclusione: ammazza che culo.

[D.C.]

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