Diamoci una mano. In faccia.

Passavo per strada e sentivo degli anziani, parecchio anziani, di fronte alla bocciofila discutere animatamente: “Pia’ pe’r culo nun ce sta, cioè finché se scherza giocamo, ma che m’arzi a mano ‘n faccia no”.

“‘a mano ‘n faccia no”.

E mentre il consiglio di lasciare i nipoti con i nonni perché vengano permeati dall’anziana saggezza diventa un concetto che sfuma tra la misoginia e la frustrazione. Mi viene in mente che nonostante l’importanza che apparentemente diamo al concetto di famiglia, in verità non stiamo facendo nulla per curarla.

Leggevo ad esempio che un giudice ha dichiarato sufficiente uno scambio di messaggi virtuali per determinare l’infedeltà del marito e il conseguente divorzio con pagamento di duemila euro al mese per la moglie e altri tremila per i figli.

Amen.

Ora, è vero che sapendo come funziona ciascuno è libero di non sposarsi, e SOPRATTUTTO di non fare figli, ma è altrettanto vero che senza attestazione, matrimonio o equivalente, si perdono una quantità di diritti notevoli ed essenziali.

La conquista del divorzio, con il passare del tempo, sta smettendo le ali da angelo salvatore per indossare quelle da angelo vendicatore, sterminatore, più di qualche volta. E se c’è qualcosa che il divorzio sta mettendo a rischio non è tanto la famiglia quanto la vita degli individui.

Una chiamata come quella del giudice, che consente un epilogo del genere in virtù di una tale banalità, è qualcosa che ci avvicina di più al delitto d’onore che alla convivenza civile. E sono piuttosto certo che tra qui e la promiscuità “che tutto annichilisce” ci sia ancora tanto margine da appenderci tutto il guardaroba di Adinolfi.

Siamo nel 2017, lo stile di vita è cambiato , la filosofia è cambiata (sperduta?), la società stessa ha modificato le proprie strutture, e la famiglia “tradizionale” sta diventando esattamente quello che il suo nome evoca: una “tradizione”. Come i duelli d’onore, il digiuno del venerdì santo o qualsiasi altra cosa facciano ancora i Calabresi non emigrati.

In una società sviluppata il concetto che la famiglia sia alla base di tutto è contrario alla formazione stessa di una società corretta. Non fareste carte false per aiutare un figlio? Ecco, fare carte false in una società sviluppata è male.

Ne abbiamo già parlato tante volte: non possiamo sostenere la famiglia come fondamento della società e poi deprecare il nepotismo. Il nepotismo è un dovere, se la famiglia è la cosa più importante. Ma se la famiglia viene prima e la società dopo, la società viene un po’ una merda.

È evidentemente ora di cambiare, tirare le nuove generazioni verso un modello famigliare più snello e leggero, in cui le responsabilità verso la famiglia e verso la società si equivalgano, un modello in cui la società sostenga la famiglia tanto quanto il contrario.

E non parliamo di insegnare alle persone a scegliere di stare insieme, cosa che il ricatto dell’attuale sistema di divorzio davvero non aiuta a fare, parliamo semplicemente di porre ogni cosa nella giusta posizione all’interno dell’esistenza dei singoli individui. Non è possibile che trovare un compagno “fisso” sia ancora un obiettivo esistenziale, non è possibile che trovino ancora spazio concetti come “appendere il cappello”.
Se come dice il buon Montemagno “il posto fisso è morto” in favore di una formazione più consapevole e per l’indipendenza della persona, per la famiglia deve valere esattamente lo stesso concetto. Le persone devono essere in grado di affrontare la solitudine, la compagnia e la partecipazione a qualcosa di più grande del proprio ristretto ambito famigliare. Se poi si decide di stare insieme tutta la vita, buon per voi.
Ma come accade per tante altre scelte, quella di doversi impelagare in un contratto tagliagole per avere accesso allo status di “famiglia”, è un’imposizione ormai fuori dal tempo, che sta mietendo più vittime di quante persone stia salvando o rendendo “fondamenta della società”.

Se riusciamo a sentire ogni persona distrutta, ogni suicidio, ogni omicidio in famiglia come una brutta “mano ‘n faccia”, magari riusciamo a dire “be’, no, ‘a mano ‘n faccia no”. Magari riusciamo, una mano, a darcela l’un l’altro.

[D.C.]

2 risposte a "Diamoci una mano. In faccia."

  1. Uuuh, tema delicatissimo: già il mondo del lavoro fluido è un po’ una cacca sciolta da vivere, siamo sicuri che estendere il precariato anche alla sfera sentimentale sia la soluzione?
    Scusa se sono un po’ ‘choosy’.
    Conosco molti figli di coppie che sono state antesignane della ‘fluidità sentimentale’, non ne sono usciti proprio benissimo, anche quando le separazioni sono state consensuali e serene. Credo che anche gli studi accademici incoraggino ambienti familiari solidi e coesi per la crescita dei figli, piuttosto che lontani e sfilacciati.
    Sono d’accordo che il matrimonio e le procedure di divorzio attuali sono equivalenti a dei contratti capestro, vessatori per entrambi i coniugi (e futuri ex-).
    Però da questa base io certamente mi scaglierei contro le procedure rigide richieste per divorziare, piuttosto che contro l’istituzione del matrimonio tout-court.

    Sarebbe invece interessante pensare a una formula alternativa di società: quella post-industriale, frammentata in micro-nuclei familiari, è una porcheria.
    È possibile immaginare una società condivisa? oserei dire “tribale”, ma che almeno replichi gli schemi delle società contadine che, tutto sommato, funzionavano anche come rete di sostegno previdenziale per le famiglie (ovvero: più famiglie e più individui aggregati in un unico nucleo allargato, in cui tutti si prendono cura degli altri a seconda delle esigenze e delle disponibilità).
    Sarebbe possibile obbligare i vicini di casa e di appartamento ad essere responsabili per i minori nello stesso condominio o nello stesso isolato?
    E non sarebbe possibile estendere lo stesso discorso alla cura degli anziani?
    In questo modo la famiglia sarebbe spappolata in favore di una predominanza della società, ma resterebbe il problema (naturale, genetico) che è giusto ambire a qualcosa di meglio per i propri figli: insomma, stiamo parlando di un prolungamento genetico della propria vita, se non fa scattare il senso di protezione della propria individualità questo, non so cosa altro ci possa trattenere dall’attuare il comunismo perfetto sulla Terra.

    Chi vive in villetta si incula comunque, tanto io mica vivo in villetta.

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